Sacchi SNOBBA Inzaghi, ennesima uscita fuori luogo: cos'ha detto
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Sacchi SNOBBA Inzaghi, ennesima USCITA fuori luogo dell’ex allenatore: ecco cos’ha detto

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Sacchi SNOBBA Inzaghi, ennesima USCITA fuori luogo dell’ex allenatore: ecco cos’ha detto riguardo ai tecnici italiani

Intervenuto sulle colonne del Corriere della Sera, Arrigo Sacchi si lancia in un’ampia analisi sul movimento calcistico italiano e su dove ripartire dopo la delusione dell’eliminazione dell’Italia di Spalletti agli Ottavi di Finale di Euro2024 per mano della Svizzera. L’ex tecnico del Milan torna ad attaccare nuovamente Simone Inzaghi, stavolta indirettamente. Così ha snobbato l’allenatore dell’Inter.

ITALIA OUT – «Siamo messi male, molto male. Perché puoi non essere un campione, ma devi dare tutto. E invece questi giocatori non hanno dato niente».

COSA MI HA DELUSO MAGGIORMENTE – «Un’eliminazione così è inaccettabile. Si può perdere, ma si deve dare sempre un esempio di dignità e di orgoglio. La Nazionale ha il dovere di mandare un messaggio che va oltre il calcio, a tutto il Paese. Manca un’etica forte».

SE MI ASPETTAVO LE DIMISSIONI DI SPALLETTI? – «No. Ha le sue colpe, questo è sicuro, perché tutti sono responsabili. Ma non è l’unico. E dando la colpa solo a lui, pensando di risolvere tutto trovando un unico responsabile, soluzione tipicamente italiana, si continuerà a sbagliare. Mi spiace per Luciano: è un bravo allenatore. Quando entri in un frullatore così, ne esci a pezzi».

UN CONSIGLIO AL CT – «È giusto ripartire da lui perché è uno stratega. Farà tesoro degli errori, ne sono certo. Ma ora deve puntare solo su calciatori che ritiene ideali alle sue idee di gioco. Deve andare per persuasione e percussione, con un progetto definito e senza paure. Prima di tutto però deve puntare su uomini giusti, con valori morali solidi. Occorrono ragazzi affidabili e intelligenti. Siamo messi male, servono scelte forti e coraggiose».

RIFLESSIONE – «Il problema è che siamo vecchi. Come Paese. E il calcio è semplicemente lo specchio del Paese. Chi deve decidere è così preso dagli aspetti politici che non pensa mai alla tecnica, al pallone, nel senso stretto. Al centro del dibattito ci deve essere il gioco».

RINNOVAMENTO – «Serve un rinnovamento, siamo rimasti fuori due volte dal Mondiale. Ma quante volte lo abbiamo ripetuto? Poi però non facciamo niente. In Germania hanno 24 centri federali. In Francia 16. La Svizzera 3. Noi uno, costruito nel 1957. Senza strutture non c’è progettualità. Senza progettualità non c’è crescita».

UPGRADE DELLA SVIZZERA E DOWNGRADE NOSTRO – «Quando nel 2010 sono entrato in Figc come coordinatore tecnico, a ogni partita contro i ragazzini svizzeri prendevamo 3-4 gol. Così sono andato da loro, per capire. Noi facevamo due giorni di allenamento, di corsa. Loro, avendo tre centri federali che raccolgono ragazzi ogni 80-90 km, lavoravano una settimana intera. È così che si cresce».

CORRONO PIÙ DI NOI – «Per fare il pressing giusto, quello che ti fa vincere le partite, servono tempistiche corrette, distanze corrette, un gruppo organico, valori morali. Il pressing va allenato. Ci sono giocatori che costano 70 milioni. Ma non sanno pressare. Non conta quanto costi, ma quanto vali».

GLI STRANIERI IN SERIE A – «Il problema non sono gli stranieri, ma gli stranieri mediocri. Tolgono spazio ai giovani italiani senza accrescere il livello, anzi lo abbassano. Rileggete la storia: ogni volta che abbiamo favorito l’invasione di giocatori dall’estero, l’Italia è andata in difficoltà».

GLI ALLENATORI IN ITALIA SONO MIGLIORI DEI GIOCATORI? – «Come eccellenza, sì. Alcuni stanno tracciando una strada, attraverso il gioco: Gasperini, Sarri, Italiano, De Zerbi. Ma il problema è alla base. Servono allenatori che guardano al futuro. Serve formare i maestri, soprattutto nei settori giovanili, nelle scuole calcio. Altrimenti succede come l’altra sera: professionisti strapagati che non sanno cosa fare col pallone tra i piedi».

DOBBIAMO RASSEGNARCI? – «Il calcio dà sempre un’altra occasione, è la sua bellezza. A patto però di cambiare idee, con umiltà. Si può fare. L’abbiamo già visto altrove, in altri Paesi. Ma per farlo ci dobbiamo rinnovare, puntando sul gioco, sui fatti e non sulle parole. Sul merito e non sul clientelismo. Ma il segreto del successo è solo uno. Giocare di squadra. Solo così si vince».

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