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Raspadori: «Lautaro e Lukaku i miei idoli. Sul gol al Milan e la maglietta di Dybala…»

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Giacomo Raspadori si è raccontato in una lunga lettera a Cronache di Spogliatoio: queste le parole dell’attaccante del Sassuolo

Giacomo Raspadori si è raccontato in una lettera a Cronache di Spogliatoio. Questi i passaggi più interessanti.

MAGLIA DYBALA – «Dybala è stato un signore. Un vero e proprio gentleman. Fuori dal campo sono il ragazzo più riservato del mondo, ma quando calpesto l’erba con le scarpe da calcio mi trasformo. Se devo chiedere la maglia a un campione che affronto non mi faccio problemi. Sono determinato. Allo Stadium la partita era appena finita e io volevo a tutti i costi la sua 10. Mentre tutti si salutavano, mi sono diretto verso Paulo e – un po’ imbarazzato, sì, perché non sono introverso ma non ho il cuore di pietra – gli ho chiesto: ‘Scusa se ti disturbo, potrei avere la tua maglia?’. Lui mi ha sorriso, rispondendo: ‘Certo, però mi dai la tua?’. Sono rimasto colpito: non avevo ancora esordito in Serie A, ero il Signor Nessuno nel vero senso della parola. Non smetterò mai di ringraziarlo per ciò che mi ha fatto vivere in quel momento. Mi tolsi il giaccone, mi spogliai e gliela diedi. Io ero il ragazzo più felice del mondo, e anche lui mi sembrava soddisfatto. Chissà dove l’ha messa. Fu un grande regalo da parte di Dybala.

MAGLA LAUTARO E LUKAKU – «Ne ho ricevute diverse di maglie in questi anni. Ho sempre cercato di prendere quelle dei miei idoli: Lukaku e Lautaro dell’Inter, qualcuna della Roma, Fiorentina, Benevento e molte altre. Una passione che ho cercato di coltivare a prescindere dal colore della divisa. Chiaramente ne ho presa anche qualcuna dei miei compagni al Sassuolo, non potevano essere da meno. Quel giorno sono andato da Bonucci: ‘Leonardo, scusami, posso chiedere la maglia a CR7?’. Mi rispose di non preoccuparmi. Quando ero già nello spogliatoio sento bussare: era lui con la numero 7 della Juventus, indossata da Cristiano. Sono stati questi i pensieri che mi sono passati nella mente mentre preparavo la valigia per andare in Sardegna, il mio primo ritiro con la Nazionale».

GOL AL MILAN – «Equilibrio ragazzi, equilibrio. Lo stesso con cui ho affrontato quella serata di San Siro, una roba che neanche riuscivo a sognare. Davvero: se provo a immaginarla, proprio non ci riesco. Eppure ero io quel ragazzino che ha segnato una doppietta al Milan. Nelle esultanze si vede che non avevo idea di ciò che stessi facendo. Sembro quasi incredulo. Ancora oggi, se guardo il video dei gol, dico «Cavolo, ma l’ho fatto veramente…». Non capita tutti i giorni: «Dai, oggi vado a San Siro e faccio doppietta». Non funziona così. Ho ricevuto una marea di messaggi, soprattutto dai miei amici milanisti che nel gruppo WhatsApp mi hanno riempito di insulti. Era il loro modo per farmi capire che erano contenti. Erano quasi più felici di me. Anche i miei compagni erano in estasi, forse anche troppo: al rientro negli spogliatoi mi hanno riempito di amorevoli schiaffoni. Il calendario era fitto, abbiamo giocato ogni tre giorni, ma ho provato a fermare quei momenti nella mia memoria. Ho detto: «Giacomo, rilassati adesso, e senza fermarti cerca di godere di tutto questo». Sempre con equilibrio, però. Che è sempre lo stesso con cui faccio il passaggio tra calcio e studio».

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