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Pasquale Marino: «L’Inter di Inzaghi va col pilota automatico, il fiuto del gol di Frattesi è innato! Handanovic ha una passione incredibile per fare l’allenatore, ci sentiamo spesso» – ESCLUSIVA
La crescita di Frattesi e Sebastiano Esposito e il modo di giocare dell’Inter raccontati da Pasquale Marino, in esclusiva a InterNews24
Il momento della stagione dell’Inter, la crescita di alcuni singoli come Frattesi che ha allenato ai tempi dell’Empoli e le evoluzioni del calcio italiano: questi e tanti altri temi sono stati trattati da Pasquale Marino in esclusiva a InterNews24. Il noto tecnico marsalese che ha allenato per molti anni in Serie A e in Serie B guidando squadre come il Catania, l’Udinese, il Parma, il Genoa, l’Empoli, la Spal e tante altre, ha analizzato il modo di giocare della squadra di Simone Inzaghi entrando dentro i meccanismi del 3-5-2.
Come giudica fino a questo momento la stagione dell’Inter, in piena lotta scudetto in mezzo a quel gruppone composto da Napoli, Atalanta, Fiorentina, Lazio e Juve, e momentaneamente prima in solitaria nella classifica unica di Champions League? Qual è, a detta sua, la più grande forza della squadra di Inzaghi?
«Innanzitutto stanno facendo bene, stanno facendo un ottimo campionato. Hanno avuto qualche difficoltà iniziale, hanno preso qualche gol in più rispetto alla scorsa stagione però adesso sono in una fase di crescita importante da parte di tutti. Lo si evince anche in Champions, dove è in testa con 4 vittorie senza prendere neanche un gol. Questo significa che stanno migliorando e stanno tornando ai livelli dello scorso anno, dove hanno fatto bene e dominato. Credo che la forza di questa squadra innanzitutto sia che giocano a memoria perché la stragrande maggioranza dei giocatori stanno lì da qualche anno e giocano con lo stesso staff tecnico, vanno col pilota automatico. Non hanno difficoltà dal punto di vista tattico, qualsiasi avversario possano incontrare hanno un modo di stare in campo e coprire gli spazi importante. Credo che è sulla strada giusta per rivincere lo scudetto, l’antagonista principale secondo me è il Napoli, che non giocando la Champions ha più possibilità di lavorare tutta la settimana dal punto di vista tattico e Conte è preparatissimo in questo. Di conseguenza le distanze si sono un po’ accorciate rispetto agli scorsi anni».
Inzaghi ha dimostrato in questi anni di saper padroneggiare alla perfezione il 3-5-2, riuscendo a trasformarlo in un modulo decisamente offensivo rispetto a quello che si pensava fino a pochi anni fa. Lo stesso ct dell’Argentina Scaloni ha sottolineato come i nerazzurri siano tra le squadre europee a proporre uno dei calci più offensivi. Che opinione si è fatto da osservatore ma soprattutto da allenatore, lei che per diversi anni ha adottato la difesa a 3 nelle sue squadre (con un 3-4-3 sul quale ha anche incentrato la sua tesi a Coverciano), per poi prediligere nella seconda metà della sua carriera il 4-3-3.
«Di solito si cambia sistema di gioco in base anche all’organico che uno ha a disposizione, però credo che veramente l’Inter, il sistema del 3-5-2 che loro adottano è tale solo come sistema statico, ma poi per come si mettono in campo… Vediamo i centrali di destra o di sinistra, o come li chiamano con la terminologia moderna i “braccetti”, che vanno ad accompagnare sistematicamente l’azione e arrivano pure negli ultimi metri. Penso a Bastoni, ma anche Darmian… Hanno un’identità di gioco importante, i tre centrocampisti che spesso si scambiano le posizioni, si aprono, vanno all’interno. È una squadra appunto che gioca a memoria, i movimenti soprattutto nella fase di possesso a me sembrano oleati alla perfezione e anche quando perdono palla sono subito aggressivi, ripartono per riconquistarla. Sono aggressivi quando la squadra avversaria imposta dal basso, non li fanno ragionare, li costringono ad andare sistematicamente sul lungo. Insomma, per trovare dei difetti a questa squadra ce ne vuole…».
Come giudica la crescita avuta da Davide Frattesi in questi anni, lei che lo ha allenato ai tempi dell’Empoli. Cosa ci può raccontare di lui da ragazzo e come lo vede in questi due ruoli un po’ diversi che gli sono stati cuciti addosso da Inzaghi all’Inter e da Spalletti in Nazionale.
«Io dico che intanto è un ragazzo che già da Empoli aveva nella testa la voglia di migliorarsi e arrivare al massimo livello, sono contento che ci sia riuscito. La cosa che ho notato maggiormente nei pochi mesi che ho allenato l’Empoli, l’ho avuto da gennaio fino ad arrivare ai playoff, è il suo fiuto del gol che credo ce l’abbia innato. Ha tempi d’inserimento che pochi giocatori hanno. Lo ha dimostrato sicuramente anche in Nazionale dove ha fatto diversi gol, all’Inter non ha fatto tantissimi minuti, e questo secondo me lo penalizza un po’, però si fa trovare sempre presente e ha fatto diversi gol anche lì. Un titolarissimo in Nazionale, poi con l’organico che ha l’Inter, Inzaghi sicuramente li alterna perché ha tanti giocatori di spessore in quel reparto e a volte il sacrificato è lui. È un giocatore che in Nazionale qualche volta Spalletti lo ha fatto giocare qualche metro in avanti, lui può fare tutto. Dal punto di vista tattico è duttile, si può adattare a qualsiasi ruolo: può fare la mezzala destra, quella sinistra, il trequartista. Perché ripeto, il cambio passo, come vede la porta lui non appena vede che c’è l’opportunità per inserirsi, lo fa sempre nei tempi giusti».
A proposito di giovani giocatori nerazzurri allenati da lei, Sebastiano Esposito ha iniziato alla grande la sua stagione all’Empoli. Può aver trovato la sua dimensione per far vedere le sue qualità anche in Serie A sotto la guida di D’Aversa?
«Credo che lui abbia avuto un percorso di crescita nell’ultimo periodo importante. All’inizio, quando l’ho avuto io alla Spal, veniva ancora da un momento in cui aveva fatto il debutto in Champions ed era ancora un ragazzino. Non ha fatto benissimo né con me né al Venezia, ha dovuto fare qualche anno fuori dall’Italia, al Basilea, ha girato un po’. Credo che adesso abbia trovato quella maturità che serve per mantenersi ai massimi livelli, lui probabilmente ha capito adesso come deve comportarsi in generale, parlo anche in campo perché è un bravissimo ragazzo e credo che può solo migliorare. Tra l’altro l’anno scorso, tanto per cambiare, mi ha fatto il gol dell’ex: giocava alla Sampdoria, vincevamo 1 a 0 col Bari a Genova e lui al 92esimo ha fatto il gol del pari dandomi questo dispiacere (ride ndr). Però ripeto, è un giocatore che come qualità non ci sono mai stati dubbi, doveva crescere a livello caratteriale e ora penso sia arrivato… Dagli errori si impara, se ne ha commessi, e adesso è in una fase importante. Peccato che nell’ultimo periodo è stato infortunato e non ha potuto dare continuità alle partite iniziali di campionato dove ha fatto veramente bene».
Lei in passato ha dichiarato di preferire un 4 a 4 ad uno 0 a 0: alla luce di quella che è dunque la sua visione del calcio, come commenta il pareggio ottenuto dalla Juve con l’Inter e quello totalmente opposto, ottenuto sempre dai bianconeri ma contro il Milan?
«Parlo in generale, la gente va allo stadio perché il calcio dà sempre emozioni e l’emozione più grande è il gol. Da questo punto di vista credo che noi lavoriamo per lo spettacolo, la gente va allo stadio, paga e si vuole divertire. Il 4 a 4 ha dato tante emozioni, a prescindere che ci siano stati degli errori o meno, e lo preferisco sempre perché quantomeno c’è stato divertimento. Milan–Juve ad esempio è stata una partita molto bloccata ed emozioni ce ne sono state poche. Ad di là dei gol che non ce ne sono stati, non ho visto nemmeno tante occasioni da gol. Io preferisco sempre quel tipo di risultati, al netto che uno poi corregge gli errori, però se fai 4 gol significa che crei e hai una mentalità propositiva. Per il tipo di calcio che ho sempre cercato di fare è basilare».
Lotta scudetto che, come detto, sta coinvolgendo tante squadre. Si aspetta che le sorprese Lazio e Fiorentina possano continuare questo cammino anche per i prossimi mesi?
«Sì, credo di sì ma vedrei anche l’Atalanta nelle prime posizioni. Questa squadra non finisce mai di stupire. Alla fine se lo giocheranno queste squadre che abbiamo citato però secondo me l’Inter ha ancora qualcosa in più rispetto a tutte le avversarie».
Dopo la sua ultima esperienza al Bari, quanta voglia ha di rimettersi in gioco su una panchina? Come si sta tenendo aggiornato sulle evoluzioni del calcio italiano e non solo?
«Dall’esperienza di Bari uno deve sempre prendere le cose e valutarle. Se uno ragiona in una certa maniera, posso dire che per me è stata un’esperienza positiva: anche perché poi uno legge che l’allenatore è stato esonerato, ma bisogna ogni tanto fermarsi a valutare. Perché se un allenatore lascia la squadra a 5 punti dai playoff e a più 5 dai playout e poi, dopo che sono andato via, la squadra si è salvata ai playout… Significa che il problema magari non era l’allenatore, che stava cercando di tirare fuori il meglio dai giocatori. Sicuramente dispiace poi lasciare il lavoro incompleto, di conseguenza uno la valuta come stagione negativa con l’esonero. Diciamo che la media punti e la classifica mi danno ragione, però paghiamo sempre noi allenatori.
Al di là di questo credo che il calcio è sempre in evoluzione, uno cerca sempre di guardare partite per vedere se ci sono novità dal punto di vista tattico. La cosa fondamentale credo che sia l’intensità che cresce nelle varie competizioni e nelle varie categorie: più in alto vai e più il calcio è più veloce, non ti danno tempo di respirare, l’aggressività è notevole, l’intensità delle partite è diversa dalle categorie inferiori o da certi campionati. Uno deve cercare di essere preparato a tutto e guardare magari alle innovazioni tattiche, ci sono tanti giovani allenatori che hanno idee bellissime, poi bisogna metterle in pratica ed è un po’ più complicato. Da qualche anno va di moda l’uscita dal basso, ma a volte l’uscita dal basso è eccessiva: magari uno cerca di farlo perché così viene considerato un allenatore emergente che ha idee nuove, però è bello dare alla squadra una identità a prescindere se parti dal basso o meno. Se poi lo fai in maniera esagerata, se la squadra avversaria ti aggredisce e tu vuoi per forza uscire da dietro, è pure rischioso. Io dico sempre che se uno esce fuori dal primo pressing non è detto che va a fare gol, perché poi mancano 70 metri per arrivare alla porta avversaria. Però se poi esageri e perdi palla negli ultimi 30 metri, le percentuali di subire gol o occasioni sicuramente sono maggiori. Ci vuole sempre un equilibrio in tutto».
Nella sua bellissima carriera ha allenato diversi calciatori che, una volta smesso col calcio giocato hanno deciso di intraprendere la carriera da allenatore: penso a De Zerbi, Sottil, Caserta, lo stesso Mascara per finire con uno dei più recenti che è Handanovic, il quale ha iniziato di recente il percorso alla guida dell’Inter Under 17. Che effetto le fa e se è motivo d’orgoglio per lei poter esser stato loro d’ispirazione.
«A me fa piacere perché intanto, con questi che allenano, ci siamo spesso confrontati. Questi ragazzi che ho avuto il piacere di allenare e anche di vincere con loro, mi riferisco a Sottil, Caserta, De Zerbi, poi nelle categorie inferiori c’è anche Pagana che allena in Serie D. Non tutti hanno poi le opportunità e la possibilità per allenare in categorie superiori. De Zerbi è il massimo, lo sta dimostrando e fa piacere che a volte quando fa delle interviste spesso mi cita come magari un suo riferimento. Ci sentiamo spesso, mi ha invitato già ad andare a Marsiglia. Anche con Handanovic ci siamo sentiti 15 giorni fa, è in testa alla classifica insieme al Milan, almeno rispetto a quella che era la classifica quando ci siamo sentiti. Erano a pari punti col Milan solo che loro avevano perso il derby e poi il Milan ha perso col Como. E comunque mi fa piacere perché essendo un portiere, che solitamente si occupano più di fare i preparatori dei portieri, lui ha una passione incredibile perché vuole fare l’allenatore. Gli piace la tattica, la strategia tattica ed è veramente motivatissimo a fare questo».
Infine una panoramica sulla Nazionale di Spalletti. Quali ambizioni e prospettive può avere l’Italia con questo ciclo iniziato prima con la delusione dell’Europeo e poi con questo ottimo cammino in Nations League nel quale Spalletti ha dimostrato di rivedere alcune sue decisioni iniziali sia in termini di uomini che di modulo.
«Possiamo semplicemente crescere perché si deve crescere dagli errori. Se l’Italia è stata eliminata deve ripartire su quello, a volte gli errori sono dovuti al fatto che uno pensa ad una cosa e poi ne viene fuori un’altra. L’importante è fare ogni tanto qualche passo indietro, analizzare bene quello che si deve migliorare. È la cosa più importante e lo si è visto perché è sembrata un’altra squadra nell’ultimo periodo. Quindi sicuramente abbiamo delle prospettive importanti. Speriamo che crescano anche i giovani: a volte con i tanti stranieri che ci sono, i giovani italiani giocano poco. La situazione è questa e dobbiamo accettarla e credo si siano visti dei miglioramenti rispetto a qualche tempo fa».
Si ringrazia Pasquale Marino per la disponibilità e la gentilezza mostrate in questa intervista.