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Borrelli: «Indagine ultras? Problema che va affrontato di petto. L’Inter ha una priorità sul mercato, e su Lautaro…» – ESCLUSIVA
I cali d’attenzione dell’Inter di Inzaghi e l’indagine sugli ultras raccontati da Michele Borrelli, in esclusiva a InterNews24
La candidatura al Pallone d’Oro di Lautaro, l’inchiesta sulla Curva Nord e i problemi difensivi della squadra di Simone Inzaghi: questi e tanti altri temi sono stati trattati da Michele Borrelli in esclusiva a InterNews24. Il giornalista di Telecity-Netweek noto nell’ambiente nerazzurro, nonché direttore di InterFanTV (web tv in onda su YouTube), ha fatto la sua disamina sul momento della stagione che sta attraversando la squadra di Inzaghi.
Ricominciano gli impegni in campionato e in Champions League dopo la sosta di ottobre che si è appena conclusa. L’Inter è attesa da alcune sfide delicate come quelle contro Roma, Young Boys, Juve… Si deciderà adesso il campionato?
«No, non credo che si deciderà adesso però in queste sette partite, dove ci sono 4 big match – Roma, Juventus, Napoli ma metto anche l’Arsenal – si può iniziare a indirizzare un po’ la stagione. È presto, ma questo è un periodo in cui l’Inter con Inzaghi ha dato una svolta, anche al suo primo anno iniziò a correre da -7 dalla vetta iniziò a fare un filotto di partite e passò poi ad essere la prima e la favorita a gennaio. Poi andò male col calo fra febbraio e marzo. Questo blocco di 7 partite in 3 settimane potrà indirizzare un po’ il cammino, soprattutto se le rivali non perderanno punti come è stato in questo inizio di campionato. L’Inter che ha perso col Milan, il Napoli col Verona, la Juve con i 4 pareggi, il Milan con i problemi che ha avuto… questo ha favorito il fatto che il gruppo fosse ancora tutto compatto. Il Napoli che non ha le coppe è quella che può fare di più una serie consecutiva di partite. L’Inter resta comunque tra le favorite, quella che ha la rosa più collaudata e più completa».
Capitolo inchiesta sulla Curva Nord dell’Inter. Qual è il tuo pensiero in merito? Temi che la vicenda possa avere delle ripercussioni sulle prestazioni dei giocatori?
«Vicenda molto delicata. Purtroppo anche in passato abbiamo dovuto affrontare questo tema, è successo in altri club, soprattutto mi riferisco alla vicenda della Juventus e delle infiltrazioni mafiose nelle curve. Qui ogni giorno ci sono nuove puntate in cui stiamo scoprendo dei rapporti che c’erano tra alcuni esponenti delle curve milanesi con famiglie della ndrangheta. Questo è un tema che tocca il mondo del calcio in modo indiretto. Perché si ripercuote nel mondo del calcio? Perché in Italia lo Stato, ma tutte le componenti, anche le società stesse, non si sono mai unite veramente per affrontare e risolvere di petto il problema. La partita si fa in un luogo chiuso, già essere molto attenti sull’ingresso… Sento di consulenti della Procura che consigliano i club di tornare ai posti uninominali, il Ministro che parla di riconoscimento facciale. Però poi all’atto pratico, sì che sono state arrestate delle persone, ma da oggi in poi cosa realmente cambia nell’attenzione alla sicurezza all’interno del luogo in cui si svolge la partita? Secondo me è inevitabile dover cambiare qualcosa da questo punto di vista, anche con gli steward in tutti i settori.
La Curva è composta da 7-8 mila persone. Di queste, il 90% erano ignari di quello che alcuni stavano facendo. Questo è stato secondo me un tradimento di queste persone rispetto a quello che è l’ideale ultras. Perché ultras significa “andare oltre”, ma farlo nella passione per la squadra, del tifo in casa e fuori casa. Non vuol dire costituire una serie di rapporti criminali. Abbiamo visto anche degli omicidi e lo Stato sta intervenendo soprattutto per questo. Ma è un modo di intervenire, secondo me, sia tardivo ma soprattutto non organizzato. Non possiamo sentire di inchieste che vanno avanti dal 2018. Il problema deve esser affrontato in modo diverso. In Inghilterra l’hanno fatto, magari anche rinunciando ad alcune libertà che era stato bello concedere all’interno del luogo chiuso. Ma se queste libertà non si sanno gestire, non si può avere un territorio in cui c’è una regola e uno stato di diritto diverso da quello che vige in altre parti dello stadio o anche fuori da esso. Questo è il primo tema da affrontare e non vedo in questo momento un cambiamento reale nel volerlo affrontare. Siamo in una fase molto aleatoria… Arresti qualcuno, ma possono subentrarne altri. Cosa stai facendo? Il posto uninominale secondo me potrebbe essere un qualcosa di giusto da fare.
Per quanto riguarda le conseguenze che è il tema che interessa di più i tifosi ma che non dovrebbe interessare solo quello, le conseguenze con le varie penalizzazioni per squadre e giocatori… Spesso si fa anche qua una battaglia di tifo, è successo alla Juve, adesso a Inter e Milan. “La Juve prese una multa di 600 mila euro, il suo presidente inibito per tre mesi. Quindi adesso Inter e Milan devono avere delle penalizzazioni…”. Il problema va affrontato senza pensare ai colori delle squadre, perché è un problema di tutti. Dove ci sono poi i soldi e il commercio è normale che le organizzazioni criminali provino ad inserirsi. Il problema deve essere visto fuori dai colori delle squadre. In questo caso sono state ascoltate per l’Inter persone non indagate, quindi per quanto riguarda la giustizia penale non parliamo nemmeno di indagati. La giustizia sportiva ha però l’articolo 25, che spiega il rapporto possibile con organizzazioni di tifosi non fidelizzati. Il tifoso fidelizzato è quello che rispetta un regolamento di club che sono nati negli anni ’60 e hanno un regolamento interno che fa capo al club. In quel tipo di rapporti ci può essere più libertà, perché sono controllati. Mentre il codice di giustizia sportiva dice che quando non ci sono questo tipo di organizzazioni affiliate, quindi gli “Inter Club” nel caso dell’Inter, non si possono avere rapporti con altri tifosi. In questo caso ci sono stati dei rapporti. Sicuramente ci sono stati dei dialoghi, sono persone che tutti conoscono perché vanno ad Appiano Gentile o perché si fanno delle iniziative, anche benefiche. Sono persone che tutti conoscono. Qui bisogna anche un po’ spogliarsi dall’ipocrisia, e mi riferisco a Spalletti.
Quel tipo di rapporti vanno anche declinati… Se uno riceve una telefonata, come è successo a Inzaghi per la storia dei biglietti, è già quello un rapporto attivo? No. Tu puoi anche rispondere al telefono, cercare di assecondare la richiesta che ti viene fatta ma bisogna vedere poi come ti comporti successivamente o perché l’hai fatto. Altro caso è quello di Zanetti, che ha detto di aver visto alcuni ultras in eventi benefici o in generale per delle richieste che non possono essere legate a cose illecite. L’ultimo è stato Calhanoglu, il quale ha smentito il fatto che andasse a cena con i membri della Curva. Molto starà al giudice capire se questi tipi di contatti sono stati attivi, di collaborazione o semplicemente passivi in cui uno ha subito pressioni. La giustizia sportiva stabilisce che ci sono multe che vanno da 20 mila a 50 mila euro e poi ci possono essere anche delle squalifiche, inibizioni per dirigenti e allenatori e giornate per giocatori. Ad oggi siamo in una fase iniziale, poi il Giudice Sportivo avrà 60 giorni di tempo. Nel giro di questa stagione calcistica, all’inizio del 2025 dovremmo avere delle risposte. Credo che al massimo ci saranno delle sanzioni pecuniarie, a meno che non venga dimostrata una parte attiva in questo tipo di conoscenze.
Sarebbe opportuno favorire gli stadi di proprietà, perché c’è una legge statale che favorisce la costruzione di essi, che si va poi a scontrare con i vari programmi di governo del territorio comunali che, per come è strutturato il diritto in Italia, vanno ad essere sopra una legge dello Stato. Lì basterebbe mettersi d’accordo tra governo e istituzioni regionali per fare una benedetta nuova struttura. A Milano così come a Roma si sta attendendo da tempo e questo ha portato a fare un Europeo insieme alla Turchia. Una cosa assurda se pensiamo che hanno organizzato manifestazioni sportive in Belgio, in Olanda, adesso i Mondiali in Canada, Messico e Stati Uniti. Comunque quasi sempre realtà geografiche vicine, l’Italia che aveva tante carte per aver assegnato un grande evento, alla fine non avendo ancora le strutture giuste (dovevano esserci 12-13 stadi, adesso solo 5 facendo un evento con un altro) non siamo ancora pronti, abbiamo fatto un passo indietro come Paese. Questo discorso delle strutture potrebbe molto migliorare il problema di cui parlavamo prima (della sicurezza negli stadi e delle infiltrazioni criminali ndr.)»
L’assetto difensivo in questo avvio di stagione non è parso stabile e affidabile come quello dell’anno scorso. È un aspetto su cui Inzaghi deve necessariamente intervenire se vuole ambire al bis scudetto o si può ovviare al problema continuando a fare almeno un gol in più degli avversari?
«Sicuramente la soluzione non è fare un gol in più degli avversari. L’Inter di Inzaghi ha preso 32 gol il primo anno, 42 il secondo e solo 22 il terzo. 42 sono un po’ troppi per vincere il campionato. 32 già è una buona media, 22 è eccellente. Secondo me il problema è risolvibile ed è più mentale. Inzaghi lo aveva già detto il 12 luglio alla prima conferenza stampa, che bisognava essere sempre aggressivi in allenamento, avere la fame giusta. I cali dell’attenzione sono inconsapevoli. Non è una questione tattica o del fatto di aver cambiato il modo di difendere, come ha detto anche Sommer che parlava delle preventive. Quest’anno si vede un alto e basso all’interno delle partite. Dopo il 2 a 0 al Torino, 30 secondi, cali l’attenzione e c’è il gol subito. Il 3 a 1 con l’Udinese, cali l’attenzione e subisci il 3 a 2. Anche all’interno della partita, poi a volte gli approcci come il derby, che è più grave. Lo scudetto del 2025 passa attraverso una ritrovata solidità difensiva, però l’Inter ha tutti gli strumenti per farlo, perché lo ha già fatto. Il materiale umano c’è, è un lavoro che deve essere fatto sulla testa. L’allenatore e anche i giocatori sono consapevoli del problema, perché ne hanno anche parlato, secondo me hanno tutto per poter ritornare ad essere un po’ più solidi in fase difensiva».
Messi ha speso bellissime parole per Lautaro Martinez, dicendo che meriterebbe di vincere il Pallone d’Oro. Secondo te quante chance ha davvero di vincerlo? Se lo meriterebbe per quanto fatto lo scorso anno?
«Secondo me non ha chance di vincerlo. Da quello che abbiamo capito lo daranno a Vinicius, anche se Rodri poteva essere un reale candidato. Gli altri in maniera minore. Nella top 5 ci metto Bellingham, Carvajal e lo stesso Lautaro. Capocannoniere in Italia, gol decisivo nella Supercoppa Italiana, leadership e riferimento per tutti i compagni. Capocannoniere in Copa America con gol in finale… a livello internazionale è venuto un po’ a mancare in Champions ma con l’Argentina ha fatto molto bene, ci sta nella top 5. Per vincere secondo me è ancora presto, ha però il potenziale per lottare per vincere negli anni futuri essendo finito il duopolio Messi-Ronaldo, quindi sarà più bello vedere un po’ di varietà nel Pallone d’Oro. Se arriva nella top 5 può essere già un bel riscontro di una grande crescita che sta facendo ed è sotto gli occhi di tutti. Glielo riconoscono tutti, poi è normale che in Argentina sia Messi che Scaloni lo dicano, ognuno porta un po’ l’acqua al proprio mulino e fa parte del gioco, ma quest’anno credo che sia giusto che lo vinca Vinicius».
Taremi ha già fatto intravedere ciò di cui è capace, giocando con praticamente tutti i possibili partner d’attacco. Zielinski per il momento non si è ancora visto molto e Josep Martinez non ha ancora avuto spazio. Nel complesso l’Inter si è migliorata rispetto allo scorso anno?
«Secondo me sì, è migliorata perché non ha perso poi i suoi giocatori migliori, ma nemmeno gli altri a parte delle uscite fisiologiche come Sensi e Sanchez. Sanchez dava una soluzione un po’ diversa con il trequartista tra le linee. Però Taremi è anche più giovane, può fare la seconda punta ed è sicuramente un valore aggiunto rispetto ad Arnautovic, che era il primo cambio l’anno scorso. Zielinski, rispetto a Klaassen e Sensi è sicuramente un valore aggiunto. Martinez anche rispetto ad Audero è un progetto di primo portiere, anche se non l’abbiamo ancora visto così come Palacios, sono tasselli in ottica futura. Finora ha inciso poco il mercato, sia in uscita che in entrata, ma perché siamo ancora all’inizio. Taremi è quello che inciso un po’ di più, si vede nettamente il potenziale superiore dell’attacco dell’Inter. Zielinski e Taremi sono oggettivamente due upgrade rispetto alla rosa dell’anno scorso».
Capitolo calciomercato. Tanti i nomi che già circolano per il prossimo anno, da Tah per la difesa a Jonathan David e Daniel Maldini per l’attacco, passando per Belahyane a centrocampo. C’è qualcuno di questi che ti ispira particolarmente? E dove pensi che i nerazzurri debbano intervenire per la prossima stagione?
«L’Inter ha lavorato molto in continuità, con Marotta, Ausilio e Baccin c’è tutta una struttura solida assieme allo staff tecnico, quarto anno dello stesso allenatore con i risultati che non sono mancati. Quindi è molto più facile mettere mano alla rosa poco alla volta. Anche quando l’anno scorso, quello dello scudetto, ha cambiato 12 giocatori. A parte Onana e la prima punta, 9/11 della squadra titolare non erano cambiati. Però lì è stata fatta una bella opera di modifica e svecchiamento. Adesso credo che di anno in anno ci sarà di andare a ritoccare, anche se l’età media può essere ancora abbassata. Io sono del partito di Mourinho, che se i giocatori sono forti sono forti, l’età è relativa. Se uno ha Mkhitaryan e Acerbi per tutta la stagione, li valuti a fine stagione, di volta in volta. Questo concetto che “giovane è meglio” io non lo sposo, perché per vincere ci vuole il giusto mix. Nell’Inter dell’anno prossimo vedo solo due zone in cui intervenire. Anche se sappiamo che nel mercato ci sono grandi club che possono venirti a corteggiare, ad esempio si parla molto della clausola di Thuram intorno ai 90 milioni di euro. Se arriva uno che accontenta il giocatore dandogli ad esempio 15 milioni l’anno, lì diventa difficile trattenerlo e quindi ti devi muovere di conseguenza. Ma facciamo il caso in cui non arrivino queste offerte che dovrebbero andare a convincere i giocatori che sono già molto felici all’Inter… Dove intervenire?
In difesa secondo me è la priorità. Al di là di Palacios, che Inzaghi dice che può diventare anche un centrale ma nasce più terzo di difesa, come centrale difensivo lì è molto difficile trovare un giocatore che rientri nei parametri economici, in quelli di stipendio e sia leader che possa sostituire uno tra Acerbi e de Vrij… La giusta evoluzione potrebbe essere quella di sceglierne uno tra Acerbi e de Vrij, quello che ti dia più garanzie in primavera, prolungargli il contratto di un anno e affiancargli un prospetto che possa diventare il titolare dell’Inter in un anno. Buongiorno poteva essere un nome buono, poi per una serie di motivi non si è potuto fare. Adesso bisogna cercare… Si parla di Jonathan Tah ma non mi risulta che possa essere lui il giocatore giusto, anche se le cose possono cambiare con i mesi. Lì non so dirti un nome, è più un identikit. La seconda zona dove intervenire è un altro attaccante di completamento, perché Arnautovic e Correa andranno in scadenza. Si può andare su un attaccante di completamento che abbia come caratteristiche la velocità, il dribbling… Una qualità in cui l’Inter può ancora crescere, ha Thuram e Buchanan con queste caratteristiche, ma pensare più ad una seconda punta rapida potrebbe essere l’obiettivo. Lo può fare anche Jonathan David, sì. Ma già in passato aveva detto che il Barcellona era il suo sogno, interessa anche al Newcastle e ci sono i soliti club che possono pagare di commissioni ma soprattutto di stipendio cifre superiori ai 5-6 milioni dove magari si può spingere l’Inter. In attacco mi sento però più coperto, stiamo parlando di un’alternativa, mentre in difesa la successione è molto più delicata. Si potrebbe poi parlare come terzo obiettivo di un esterno, ma solo se Buchanan non dovesse confermare le sue qualità».
Frattesi goleador con la Nazionale di Spalletti, già a partire dalla partita contro la Roma si ritroverà nuovamente Barella davanti a sé, essendo tornato dall’infortunio. Lui stesso ha dichiarato che capisce Inzaghi per il suo poco spazio da titolare all’Inter e che non rompe le scatole per questo motivo. Continuerà ad essere un’arma a partita in corso o alla lunga si ritaglierà il suo spazio?
«Questo è un bel tema, nel senso che Frattesi merita di giocare di più. Ha delle medie gol quasi da attaccante. Barella è uno di quelli che non ha proprio bisogno spesso di rifiatare. Questi di abbondanza sono sempre bei problemi, è peggio quando c’è il buco o manca la qualità. Una grande squadra deve avere due giocatori per ruolo, in quest’ottica Barella e Frattesi, con caratteristiche molto diverse… Barella oggi è diventato un tuttocampista completo, può giocare più dietro, mentre Frattesi eccelle per quella caratteristica di inserimento e va sfruttata. Barella può anche giocare sul centro-sinistra in alcune partite, potrebbero anche giocare insieme. Nell’estate del 2023 avevo chiesto ad Inzaghi, quando era arrivato Frattesi, se quello che si era visto in Nazionale poteva essere una soluzione, ovvero con Barella e Frattesi insieme in campo. Gli allenatori ti dicono ovviamente che i giocatori bravi possono sempre giocare insieme. Però una cosa è se hai Klaassen come vice Mkhitaryan, un’altra cosa è se hai Zielinski, due titolarissimi e anche loro con caratteristiche diverse. Zielinski e Frattesi possono incidere maggiormente in zona gol rispetto a Barella e Mkhitaryan. Son problemi di abbondanza. Può sicuramente trovare più spazio, tanto ormai si giocano fino a 70 partite all’anno, quindi su questo Inzaghi è molto bravo a capire quando fermare un giocatore se entra in zona di rischio infortunio. Fino a quando Frattesi è così propositivo nell’approccio al problema di non fare magari 50 partite da titolare, ma capire che in una squadra magari è meglio farne 30 ma essere in un gruppo forte e vincere trofei. Secondo me la soluzione è quella, alzare il numero dei co-titolari, in modo da poter lottare su più fronti».
Infine una considerazione sul momento della Nazionale. L’Europeo è stato una delusione molto cocente, dalla quale Spalletti è ripartito affidandosi al 3-5-2 che per interpreti e alcune situazioni di gioco ricorda l’Inter di Inzaghi. In Nations League si sta vedendo un’altra Italia, che ambizioni può avere la Nazionale?
«Intanto Spalletti ha fatto questo passo indietro che era doveroso. Per me lui è incappato in alcuni errori, essendo subentrato in corsa, che non avrebbe commesso se fosse entrato in un ciclo normale. Nell’Italia ci sono alcuni problemi, però si poteva fare meglio dal punto di vista della funzionalità tattica e sopperire un po’ anche dal punto di vista della preparazione fisica. Per me il primo problema, ancor prima della tattica, è che i calciatori arrivavano sempre secondi sul pallone. Dal punto di vista psico-fisico erano completamente a terra. Sta dimostrando adesso di aver ripreso la strada giusta. Intanto il recupero di alcuni giocatori, tipo Tonali che sta facendo molto bene e si vede che ha voglia di recuperare il tempo perso, ma anche lo stesso Dimarco che all’Europeo aveva fatto una buona prima partita, poi la seconda così e così, ha giocato sul dolore, si è fatto male e poi non c’era più. Calafiori con la Svizzera era squalificato… Adesso la squadra sta prendendo un assetto. Il 9 e il 10, e il regista, che erano i ruoli un po’ più scoperti li stai iniziando a colmare. Per esempio con Ricci, che può avere il suo alter ego in Fagioli nel ruolo di regia, e Retegui che sta avendo una crescita esponenziale anche con Gasperini. Manca ancora il 10, lì ci sono varie candidature a partire da Pellegrini, Chiesa, Daniel Maldini, Zaniolo, Raspadori… Spalletti potrebbe dare un assist all’Inter trovando il modo di far coesistere il ritorno di Barella col centrocampo che sta già funzionando con Frattesi, Ricci e Tonali. Secondo me Barella può fare quel ruolo, andando un po’ a svariare e inserirsi, oppure coprire Frattesi quando va ad inserirsi. Un 3-5-1-1 vero, senza una seconda punta effettiva, visto che ad oggi non hai grandi 10. Avere così un centrocampista in più per avere più possesso.
Gli esterni poi sono forti, e sono da 3-5-2, soprattutto Cambiaso e Dimarco sono di un livello molto alto. In difesa i giocatori li ha, ma lì c’è il secondo punto dove si potrebbe pensare a qualcosa di diverso. Bastoni non è un vero centrale, il meglio di sé lo dà come terzo di difesa, dove Spalletti sfrutta Calafiori. Non vuole perdere Bastoni e lo sfrutta da centrale. Può farlo, secondo me lo fa meglio con squadre medio-piccole, quando l’Italia può avere il controllo del gioco. Diverso è se devi giocare contro le big e devi anche subire. Serve il marcatore in certe partite. Invece bene la strada intrapresa sulla tattica, sul maggior dialogo. L’Italia ha davanti dei colossi come la Francia, la Spagna, ma anche la Germania e l’Inghilterra con Tuchel. L’Italia non ha le eccellenze, soprattutto nei ruoli da “Pallone d’Oro”, cioè il 9 e il 10, però potrebbe sopperire con il gioco e con l’unità del gruppo. Un inizio di progetto che può crescere nel tempo, sperando che si possa trovare un grande 10 che possa far innamorare i ragazzi più piccoli per le sue giocate. Anche se, parlando di giocate, il Dimarco che abbiamo visto in questo inizio di stagione è davvero strepitoso. Anche se non è un 10 interpreta il ruolo in modo fantastico, da fantasista».
Si ringrazia Michele Borrelli per la disponibilità e la gentilezza mostrate in questa intervista.