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Marotta non ci sta: «Il sistema non ci rispetta, perché il calcio va esentato dal Decreto Crescita?» Tira in mezzo anche tre big
Marotta intervenuto al Festival dello Sport di Trento ha parlato del sistema calcio attuale e delle manovre che secondo lui occorre attuare per risanarlo. Durante il dibattito ha anche tirato in mezzo tre big
Marotta, il presidente e amministratore delegato dell’Inter durante un intervento al Festival dello Sport di Trento in merito al dibattito su “Gli Stati generali del calcio italiano”, ha parlato del sistema calcio italiano, ha poi anche parlato di tre big .
SULL’IMPORTANZA DI AVERE UNO STADIO DI PROPRIETÀ -«Devo dire che l’analisi di Scaroni è stata perfetta, mi allineo in pieno (leggi qui). Io sono un testimone dell’evoluzione calcistica perché vivo in questo mondo da tanti anni: ho vissuto il modello del mecenatismo e ora dell’imprenditoria vera. Io e Paolo rappresentiamo fondi di investimento importanti. Faccio un grande plauso a Lotito e Cairo, ma il calcio va verso il modello americano, infatti in Serie A ci sono dieci proprietà statunitensi. Quanto al tema stadio, col focus sulla sostenibilità, le società devono ricercare l’asset stadio inteso non solo come fenomeno di aggregazione. Lo stadio va fatto rendere dal punto di vista degli incassi, non deve essere una cattedrale nel deserto ma una casa vissuta ogni giorno della settimana. L’anno scorso noi abbiamo incassato 80 milioni di euro in questa situazione, immaginate con un impianto moderno».
SUL CALCIO ITALIANO – «In termini di diagnosi siamo stati tutti perfetti, questo è un palcoscenico composto da dirigenti calcistici competenti. Adesso vediamo la terapia… Il mondo del calcio è un fenomeno sociale e imprenditoriale rilevante, basta vedere i numeri dei contribuenti: vengono versati un miliardo e rotti l’anno. Dovremmo essere ascoltati (dal Governo ndr), non è una denuncia la mia ma sento una mancanza della politica. Noi non siamo qui a chiedere soldi, ma un sistema legislativo che riconosca il mondo del calcio professionistico, che è diverso da quello dilettantistico. Noi e il Milan abbiamo aumentato i ricavi negli ultimi anni, ma due anni fa, arrivando in finale di Champions, solo da questa competizione abbiamo incassato 100 milioni di euro. Sono ricavi variabili e non stabili; se non vai in fondo, perdi tantissimo.
Quanto al tema stadio, dico che siamo il fanalino di coda da decenni, a parte Atalanta, Sassuolo e Juve. Questo fatto è dovuto a una burocrazia che porta sfiducia a chi vuole investire. Il fenomeno stadio non è locale, ma nazionale, quindi deve finire sotto il Ministero delle infrastrutture. Noi ci troviamo davanti a un sistema che non ci rispetta perché non si può considerare un giocatore un lavoratore dipendente, guardate l’esempio di Ronaldo che al lordo costava 60 milioni di euro a stagione. Il calciatore deve avere un inquadramento diverso, è lì che ci sono i costi maggiori. Siamo fanalino di coda anche nei centri sportivi, notiamo delle carenze. Mi rivolgo a Lotito, nostro grande rappresentante al Governo: perché il calcio deve essere esente dal Decreto Crescita? Vi sto parlando di fenomeni che potrebbero portare centinaia di milioni di euro nelle casse del club. Parlando del contenimento dei costi, vediamo che quelli maggiori sono relativi agli stipendi. Se abbassi il costo di questi ultimi, o sei un fenomeno e riesci a creare squadre competitive oppure non riesci a partecipare a quella suddivisione di introiti che garantisce la stabilità di un bilancio».