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Marchetti (Uefa) va controcorrente: «Si gioca troppo? I dati dicono il contrario. Da Settembre…»

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Marchetti, segretario Uefa, ha parlato della polemica riguardante le troppe partite stagionali: ecco le novità annunciate

Giorgio Marchetti, segretario generale dell’UEFA, ha parlato ai microfoni di Radio Anch’Io Lo Sport. Le sue dichiarazioni toccano da vicino l’Inter e gli altri club europei:

Finali di Champions al posto di Milano.
«Aspettiamo le manifestazioni d’interesse entro fine ottobre, solo allora sapremo quali candidature aspettarci».

I calendari.
«Sono una delle complessità del nostro tempo. Bisognerebbe fare un ragionamento complessivo tenendo conto dei dati per non rischiare di reagire in maniera emozionale. Ci sono più partite, ma è vero anche che ci sono rose più ampie. I dati dicono che a fronte di un maggior numero di partite giocate rispetto a trent’anni fa, il numero di minuti giocati dai giocatori è sostanzialmente stabile. Nella stagione 23/24 i top 11 di ogni squadre hanno giocato il 70% dei minuti. Il turnover è in forte crescita. Da stagione a stagione l’incremento rispetto al numero dei giocatori utilizzati è del 10% circa, su base europea».

I campionati nazionali.
«Le squadre dei tornei nazionali sono competenze nazionali. Ci sono vari format nei campionati europei se guardiamo ai campionati maggiori. La Francia ha deciso di scendere a 18, altre leghe sono rimaste a 20. Credo sia difficile inserirsi in un dibattito che riguarda fattori locali, domestici, la sostenibilità di un certo numero di squadre ma anche l’importanza di partecipare al massimo campionato per le realtà locali. Un giudizio complessivo è difficile perché molte valutazioni sono, ripeto, di valore domestico».

Le cinque sostituzioni.
«Credo che il passaggio dalle tre alle cinque sostituzioni, in pieno Covid, ha risposto a un’esigenza del momento perché tutti giocavano in maniera intensiva. Da lì è diventata una norma permanente e ora ormai è diventata un’abitudine. Immaginare un passaggio ulteriore non lo so perché bisogna tenere a mente vari fattori. Ricordiamo che ai supplementari è possibile una sesta sostituzione».

Il nuovo format della Champions League.
«Credo si debba aspettare un numero significativo di giornate per capire i trend. Noi e i club ci siamo posti degli obiettivi, si era ravvisata la necessità di un cambiamento di format per renderlo più interessante e toccare i pochi punti deboli della competizione. Il fatto che alcune partite risultassero a fine girone prive di interesse. Ci sono stati risultati eclatanti ma chi ha vinto 9-2 ha perso la partita dopo. Le tre squadre che guidano i ranking Uefa, due hanno già perso una partita. L’imprevedibilità del formato porterà a una competizione molto interessante fino all’ultima giornata quando le diciotto gare verranno giocate contemporaneamente per massimizzare l’interesse verso queste gare che si influenzeranno a vicenda».

La pianificazione dei grandi eventi.
«Sinceramente non vedo mancata pianificazione dei grandi eventi. C’è un calendario internazionale Fifa che fissa i periodi dedicati alle squadre nazionali ed è rimasto immutato. Dal 2026 le finestre scenderanno da cinque a quattro perché quelle di settembre e ottobre saranno unite in una finestra più grande, così evitando una parte dei viaggi intercontinentali. Non mi sembra di vedere mancanza di armonizzazione. Dopodiché come diceva i calendari sono un grande tema da affrontare non solo tra Fifa e Uefa ma anche con club e giocatori».

Le critiche all’Uefa.
«Le scelte non sono esclusivamente commerciali da parte dell’Uefa. Per noi il calcio è l’elemento primario. La modifica di format della Champions League tende a valorizzare l’interesse della competizione. Avevamo una fase a gironi conosciuta e amata da tutti, ma alcuni gruppi erano troppo prevedibili. L’imprevedibilità lascia la competizione aperta a più squadre. Più è così e poi evidentemente c’è un aspetto commerciale, ma il ricavato va ai club per più del 75%. C’è una quota di solidarietà per chi non partecipa che è superiore al 10%. Le competizioni per club devono prima di tutto interessare il tifoso e i benefici sono per i club che possono offrire sempre di più e sempre di meglio ai sostenitori».

La Superlega.
«Abbiamo un’idea chiara: le competizioni sportive sono aperte. Partecipa chi merita e non chi ha un nome. Questa rivoluzione del format ha confermato questo, non è cambiato il modo per qualificarsi. Il mondo dei tifosi ha detto chiaramente cosa pensava della Superlega e perché non era adatto al calcio europeo, che ha enorme rilevanza sociale e ha più di un secolo di passione radicata nei territori e di competizioni in cui tutti possono cullare un sogno. Questa è l’idea di calcio nostra e di tutti i tifosi europei».

Più giovani in campo negli ultimi anni.
«Indubbiamente avere dei giovani che hanno la possibilità di mostrarsi e partecipare regolarmente alle competizioni non può che essere benvenuto, siamo tutti a favore della formazione dei giovani. La Spagna ha vinto gli Europei con Yamal e Nico Williams. Chi punta sui giovani di qualità credo faccia un investimento importante per sé e il calcio. Se è un trend lo verificheremo negli anni a venire, ma se lo è certamente è un segno di grande vitalità ed è benvenuto».

Stadi vetusti in Italia.
«Mi auguro che ci sia una svolta. E’ indiscutibile che l’impiantistica non è all’altezza in Italia. Tutti i Paesi se ne stanno dotando perché danno notevoli benefici, un ambiente più confortevole con più servizi e un’idea più civilizzata rispetto a impianti più vetusti dove magari alcuni aspetti non propriamente raccomandabili come i comportamenti non raccomandabili dei tifosi vengono incentivati. Chi ha fatto un nuovo stadio ha avuto riscontri finanziari importantissimi e non dimentichiamo che un’impiantistica moderna è segno di maggiore sostenibilità».

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