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Lukaku rimpiange l’Inter? La rivelazione: «Le qualità di Lautaro combaciavano perfettamente con le mie, appena arrivato Conte mi disse quella frase»

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L’attaccante del Napoli, Romelu Lukaku, si racconta e ripensa ai suoi primi anni all’Inter e l’intesa che aveva con Lautaro

Intervistato nel podcast “Friends of Sport” , Romelu Lukaku ha toccato diversi temi tra Belgio, Napoli, attualità e passato all’Inter.

NON SENTO IL FUOCO DENTRO – «Spero di poter riscoprire la passione di giocare per il Belgio, che il fuoco mi bruci nuovamente per i Red Devils. Il prossimo obiettivo è il Mondiale tra due anni e adesso sembra ancora lontanissimo».

L’ETICHETTA DI “NUOVO DROGBA” – «In Inghilterra volevano mettermi in una scatola. Vedono qualcuno costruito come me e pensano: nuovo Drogba. Io non sono così. Didier era più spalle alla porta, riusciva a tenere palla indipendentemente da dove la giocassi. Quello non era il mio stile».

DEPRESSIONE – «Volevo esserci per il mio Paese perché l’allenatore e la squadra avevano bisogno di me. È stata la prima volta in 29 anni che il calcio mi ha toccato. Non ho mai pensato alla depressione, ma ho pianto ogni giorno per settimane. Anche in vacanza. Thierry Henry (allora vice del CT Roberto Martinez, ndr) mi chiamava tre volte al giorno. Mia madre e i miei figli erano a Milano, ma non avevo energie. Avevo bisogno di stare da solo per un po’».

PROGRESSI COL NAPOLI – «Ora ho scelto per me, ne avevo bisogno mentalmente e fisicamente. Non avevo fatto la preparazione estiva, perché dovrei mettermi di nuovo in una situazione del genere ora che stiamo facendo dei buoni progressi con il Napoli e sto gradualmente tornando in forma».

ANDERLECHT – «Il ritorno all’Anderlecht? Accadrà, e non tornerò per finire, voglio comunque raggiungere un buon livello. Quando tornerò, se perderemo due volte mi incazzerò. Mignolet? Il modo in cui è tornato è come uno dovrebbe farlo. Quando tornerò all’Anderlecht, vorrò vincere il campionato. Questa è la mentalità con cui sono cresciuto ed è ciò a cui dovrebbe aspirare il club. Le sane ambizioni non sono mai una brutta cosa».

LAUTARO E L’INTER – «Quando sono arrivato in Italia ricordo che Antonio Conte mi disse letteralmente in faccia: “Ascoltami, nel mio sistema di gioco non puoi tenere troppo il pallone, devi ridarlo subito indietro, non devi giocare come Lautaro”. Da quel momento io e Lautaro sapevamo che dovevamo passarci il pallone l’uno con l’altro e che le qualità di Lautaro combaciavano perfettamente con le mie. Adesso succede lo stesso con Kvaratskhelia. Questo riesce a fare Conte: crea una sorta di partnership tra i giocatori. La stessa cosa vale con McTominay».

SU CONTE – «Lui lo può fare. La cosa bella di lui è che è proprio quello giusto, penso sia bellissimo il modo in cui lui allena. Il modo in cui amalgama la squadra. Pep Guardiola pure lo fa, anche Klopp, Mourinho, Ancelotti. Sono i grandi allenatori. Se guardi alle squadre che vincono, c’è sempre un allenatore che ha un buon piano tattico ma che soprattutto riesce a creare una squadra unita, con giocatori che stanno bene insieme».

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