Hanno Detto
Lautaro racconta: «Le difficoltà della mia infanzia mi hanno fatto crescere, all’Inter abbiamo un obiettivo significativo»
L’attaccante e capitano dell’Inter, Lautaro Martinez, si racconta toccando alcuni temi personali e di squadra come l’obiettivo Champions
Protagonista dell’ultima puntata del Magazine Champions League, Lautaro Martinez si racconta. Il capitano dell’Inter tocca alcuni temi appartenenti alla sfera personale, oltre a soffermarsi sugli obiettivi di squadra.
SUI MIEI TATUAGGI – «I tatuaggi rappresentano me, la mia famiglia, la religione oppure riportano una frase in cui io mi identifico. Avevo quindici anni quando mi sono fatto fare il primo, mia madre era contraria e non voleva saperne perché ero troppo piccolo. Ho cominciato col nome di mio nonno (Nestor, ndr), il padre di mia madre. Quando è mancato è stata dura».
CALCIO E FAMIGLIA – «La mia famiglia aveva ben poco, senza dubbio le difficoltà della mia infanzia mi hanno fatto crescere in fretta. Crescendo ho capito che nella vita dovevo seguire la mia strada e la mia strada era il calcio. Era il mio sogno perché la mia famiglia vive per lo sport. Nel Racing, il mio primo club da professionista, un compagno di squadra ha iniziato a chiamarmi El Toro perché ero sempre arrabbiato e mi buttavo in ogni duello. Il soprannome nasce da lì e mi è rimasto da allora. La frase “Quello che non mi uccide mi fortifica” rimanda a tutto quello che ho passato da piccolo, oltre ad alcuni momenti negli anni a seguire. È una frase in cui mi identifico, è importante, me la porto dietro».
OBIETTIVO CHAMPIONS – «È ovvio che la Champions sia un obiettivo significativo in un club come l’Inter, avere un gruppo di fratelli e amici che puntano tutti nella stessa direzione, che giochino o meno, è molto importante per la squadra, per continuare a spingere. È così che le cose diventano più facili».