Hanno Detto

Inzaghi, papà Giancarlo racconta: «Più che demone è un angelo. Arrivano parecchie telefonate perché è apprezzato all’estero, ma…»

Pubblicato

su

Giancarlo Inzaghi, padre di Simone, allenatore dell’Inter campione d’Italia, ha detto la sua sulla stagione dei nerazzurri

Intervistato da Sportweek, Giancarlo Inzaghi, padre di Simone (e Filippo), si è espresso così in merito allo scudetto della seconda stella conquistato dall’Inter guidata da suo figlio.

MILANO – «Milano è una città che non soffoca i campioni del calcio, ma andare in giro con mio figlio comincia a essere complicato. Lo fermano tutti, gli vogliono bene, si complimentano».

QUANDO HO CAPITO CHE AVREBBE VINTO LO SCUDETTO? – «Sette o otto giornate prima, quando il vantaggio continuava a crescere. Ma in realtà ero convinto già da tempo, perché vedevo una superiorità netta. L’Inter mi ha trasmesso sempre la sensazione di essere una squadra forte e organizzata. E vedevo Simone sereno».

IL CARATTERE DI MIO FIGLIO SIMONE – «Su tutti, forse l’attaccamento al lavoro. Adesso ci godiamo la festa, ma nel febbraio e nel marzo dello scorso anno ho letto e sentito cose assurde. Qualcuno voleva far passare il concetto che Simone non fosse in grado di allenare l’Inter. Gli venivano attribuite colpe che, in realtà, non erano sue. Mi chiedevo come facesse a non rispondere, anche Filippo avrebbe voluto replicare a certe cattiverie. Ma Simone è rimasto sempre tranquillo: “Papà, non preoccuparti. Il tempo racconterà la verità”. E così è stato. Però, ripensandoci adesso, è incredibile come abbia saputo farsi scivolare tutto addosso, ha dimostrato una personalità incredibile. So che non ha dimenticato nulla, ricorda certi giudizi e chi li ha espressi, ma guarda sempre avanti».

SE SI È SFOGATO CON ME NEI MOMENTI DIFFICILI? – «Simone si tiene dentro la rabbia e cerca di trasmettere serenità. A volte ero io ad accennare il discorso delle critiche che riceveva e lui troncava rapidamente l’argomento dicendomi che sapeva come e dove nascevano, ma che non se ne curava. È un uomo educato, che ha grandi valori, e ha preferito non rispondere pubblicamente. Per lui parlano i risultati: prima di questo scudetto aveva vinto altri trofei con l’Inter arrivando anche in finale di Champions League. E così ha sempre mantenuto una grande tranquillità interiore nonostante critiche gratuite e cattive. Il suo lavoro è stato molto apprezzato all’estero: arrivano parecchie telefonate, ma lui sta bene a Milano».

IL PERIODO ALLA LAZIO – «Quando andò a Roma, Simone era un ragazzo e lì è diventato uomo e padre. Si trovava benissimo alla Lazio, ha parcheggiato la macchina per vent’anni nello stesso posto, era rispettato anche dai tifosi della Roma così come a Milano accade con quelli del Milan. E questo è un riconoscimento alla persona più che all’allenatore. Mai un’offesa: per un padre è una soddisfazione che vale quanto un trofeo».

SE LO CHIAMIAMO “DEMONE” ANCHE IN FAMIGLIA? – «Ahahah… Ecco, le confesso che questo soprannome non mi fa impazzire. Avrei preferito “angelo” più che “demone”. Scherzi a parte, io e mia moglie Marina ci godiamo l’amore che lo circonda».

UN MOMENTO DI PREOCCUPAZIONE? – «Simone parla poco. Ci sentiamo una volta al giorno, spesso mi chiama al mattino alle 8 mentre porta i figli a scuola. Poi va ad Appiano Gentile e sparisce per tutti. Non mi racconta mai le cose dello spogliatoio, ma capisco che ha sempre le idee chiare su cosa deve fare. So che quando la Juventus vinse a Monza segnando in pieno recupero ebbe una reazione non proprio da lord inglese, ma in realtà non ha mai avuto un momento di preoccupazione reale perché lui è sempre concentrato sulla sua squadra e vedeva che i giocatori lo seguivano bene e che stava nascendo una grande Inter. Questo bastava per lasciarlo tranquillo».

LA SODDISFAZIONE MAGGIORE – «Proprio il rapporto che si è creato con il gruppo e vedere i giocatori dare il massimo sempre. Simone è orgoglioso di guidare questi ragazzi. I sei derby vinti resteranno per sempre, la seconda stella anche. Ma per lui certe cose contano ancora di più».

LE STAGIONI OPPOSTE DI SIMONE E PIPPO – «Per Filippo parla la media punti: basta confrontarla con quella di chi lo ha preceduto alla Salernitana e di chi è arrivato dopo di lui. Mi piacerebbe che trovasse una squadra forte e che potesse giocare non solo per salvarsi. Sono convinto che abbia le stesse capacità di Simone. E adesso aspetto che cresca anche Lorenzo, il figlio di Simone che gioca nelle giovanili dell’Inter: è un piccolo bomber, vede la porta come il padre e lo zio».

Exit mobile version