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Vaciago punge ancora l’Inter: «In Serie A la legge non è uguale per tutti». E parte con gli esempi…
Il direttore di Tuttosport ha scritto un lungo articolo in cui mette sotto i riflettori l’Inter e la dirigenza arbitrale della Serie A
Sulle pagine del suo Tuttosport, Guido Vaciago si scaglia contro l’Inter, colpevole – a detta sua – di essere favorita dagli arbitri in Serie A, a discapito della Juve.
L’ACCUSA DI VACIAGO – La legge è uguale per tutti? O per qualcuno è po’ più uguale degli altri? Perché tra lepri, cacciatori e sparate un po’ a casaccio, si rischia di dimenticare che il dibattito sarebbe molto meno infuocato se ci fosse meno disparità di giudizio. Non è l’eccesso di severità o lassismo di chi giudica che scatena sospetti e polemiche, ma la disuguaglianza dei giudizi di fronte alle medesime situazioni.
Perché lo stesso gesto antisportivo di gettare via il pallone con stizza può costare un’ammonizione a un giocatore e non a un altro? È solo una curiosità statistica che il rapporto fra falli commessi e ammonizioni dell’Inter sia il doppio di quello della Juventus e, della media della Serie A? Perché un fallo in partenza di un’azione da gol può portare all’annullamento dello stesso in un’occasione sì e in un’occasione no?
E ancora: perché le plusvalenze fittizie sono costate 10 punti di penalizzazione (e 100 milioni di danni) alla Juventus e condanne pesantissime ai dirigenti, mentre identici comportamenti di altri club e di altri dirigenti non vengono puniti e, in certi casi, neppure indagati? Perché, vale la pena ricordare, che siamo nel Paese in cui il più grande scandalo calcistico della storia, Calciopoli, è finita con una società condannata con molta severità per violazioni che, a tempo scaduto, vennero imputate dal procuratore federale Stefano Palazzi anche a quella premiata con lo scudetto.
Se la legge fosse applicata con uniformità, non ci sarebbe spazio per la dietrologia, la diffidenza, la congettura e il complotto. Perché c’è un punto su cui Beppe Marotta ha sacrosanta ragione: in un campionato di 38 giornate vince, ha sempre vinto e vincerà sempre il più forte.
Ma in Italia sono cinquant’anni che chi vince si becca almeno uno schizzo di sospetti addosso e allora i casi sono due: o si accetta, una volta per tutte, la legge del più forte e si mettono a tacere rivendicazioni e proteste (con effetto retroattivo) o si accetta di essere, a turno, il bersaglio di accuse e illazioni. A chi tocca nun se ‘ngrugna, dice la saggezza romana, quindi non si può essere complottisti quando si perde e chiedere rispetto quando si vince. Troppo comodo così.