Filip Stankovic: «L'Inter è casa, famiglia. Sogno di giocarci allenato da mio padre» - Inter News 24
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Filip Stankovic: «L’Inter è casa, famiglia. Sogno di giocarci allenato da mio padre»

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Filip Stankovic, portiere dell’Inter in prestito al Volendam, ha parlato alla Gazzetta dello Sport dei suoi obiettivi futuri e non solo

Filip Stankovic, portiere dell‘Inter in prestito al Volendam, ha parlato a Gazzetta.it dei suoi obiettivi futuri e non solo. Le sue parole:

PAPA’ DEKI – «Un esempio. Da bambino lo guardavo e pensavo ‘wow, voglio essere come lui’. Avere la sua vita, il suo carattere, la sua voglia. Solo ora mi rendo conto di ciò che è stato. Ad Appiano la sua traccia è indelebile, quando cammini nel centro sportivo si sente che c’è stato Dejan Stankovic. Di cosa parliamo? Di tenere botta. I primi mesi sono stati tosti, mi sono fatto male alla caviglia alla seconda partita e sono rimasto fuori due mesi. Lui, con un’insolita calma zen, mi ha detto di stare tranquillo. ‘Arriverà il tuo momento’. E infatti così è stato: ho parato due rigori e siamo primi in classifica».

OLANDA – «Si lavora tanto. Io vivo ad Amsterdam, spesso la mia fidanzata mi raggiunge da Milano e stiamo insieme. Oristanio, invece, sta a Volendam. Siamo i due ragazzi in prestito dall’Inter, ci vediamo spesso. Lo aiuto con l’inglese, anche perché l’olandese è impossibile da imparare. So dire giusto due o tre parole».

INTER«Se la seguo? Certo, tutte le partite. Una settimana fa ero in ginocchio a casa, pregando che Lautaro segnasse un altro gol contro il Liverpool. Cosa rappresenta per me? Un sentimento. Casa, famiglia, il campionato Primavera vinto l’anno scorso. Mio fratello Stefan ha giocato un po’, ma ora ha smesso. Aleksandar, invece, è nelle giovanili. Ha 16 anni e fa il centrocampista. Somiglia a nostro padre. Quando calcia mette le dita come le metteva lui, assurdo».

IDOLO – «Julio Cesar. L’ho anche incontrato, mi ha regalato i guanti. La prima volta che è venuto a cena a casa nostra è stata un’emozione indimenticabile. Papà mi guarda e fa, ‘Filip, vestiti bene, stasera viene Julio’. Io impietrito. Un sogno».

HANDANOVIC – «Non è uno che parla molto, ti basta guardarlo. È ancora il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Somiglia a papà. A volte, quando ero stanco, lo vedevo lì sul pezzo, a duemila all’ora e mi dicevo ‘no, tu non puoi. Hai vent’anni e sei già stanco? Non esiste’. Mi ha spronato a migliorare, lo ammiro».

LUKAKU – «Quanti gol mi ha fatto? Parecchi, ma uno sfizio me lo sono tolto. Cross dalla destra, lui schiaccia di testa sul primo palo e io mi allungo in tuffo, mandando la palla in angolo. A fine allenamento ci teneva un’ora in più per calciare in porta: destro, sinistro, una macchina. Non si vede la differenza».

SOGNI – «Quattro. Intanto voglio vincere a Volendam, poi giocare nell’Inter, giocare insieme a mio fratello ed essere allenato da papà. Quando ha vinto la Champions ero a Madrid, ho baciato la coppa, ripetere un 10% di ciò che ha fatto lui sarebbe magnifico».

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