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Esposito: «Ho un mental trainer, devo lavorare su me stesso. Il primo gol in A…»

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Lunga intervista di Sebastiano Esposito al quotidiano Baz: le dichiarazioni dell’attaccante del Basilea

MENTAL TRAINER – «Ho capito che devo lavorare su me stesso. In campo, in palestra e non solo: ora lavoro con un mental trainer. Lo faccio solo perché voglio. Ho capito che devo migliorare mentalmente, ci incontriamo una volta a settimana e viene da Lugano. Abbiamo avuto solo due incontri finora. Ma le mie impressioni finora sono molto positive. Ho già guadagnato molta fiducia. Parliamo solamente. I primi due mesi servono per fare i conti con gli incidenti passati e per portare via completamente questo improvviso nervosismo interiore. In base a ciò, la cooperazione dovrebbe riguardare il presente e il futuro. Sul fatto che divento mentalmente più forte e anche sul fatto che non mi nutro delle esperienze negative. Finora l’ho fatto, non ne ho mai parlato con la mia famiglia o la mia ragazza».

LEGAME CON LA FAMIGLIA – «Viene prima di tutto, è la cosa più importante. Mi sostiene sempre, qualunque cosa accada. E ora li appoggio anche io, anche economicamente. I miei genitori hanno reso possibile il mio percorso e ora ho l’opportunità di assicurarmi che non manchi loro nulla. Voglio che siano orgogliosi di me. Dopo il cartellino rosso, i miei genitori non mi hanno parlato per cinque giorni. E forse sarebbe stato ancora più lungo se non fosse stato per Natale. Ma poi mi hanno mostrato comprensione e mi hanno incoraggiato».

INFANZIA – «Castellammare è una città portuale che contava 100.000 abitanti. Ora ce ne sono tra i 60.000 e gli 80.000 perché molti se possibile si stanno allontanando. Il quartiere in cui sono cresciuto era difficile. Non eravamo ricchi, mio ​​padre e mia madre hanno dovuto lavorare molto perché a mia sorella, ai miei due fratelli e a me non mancasse nulla. Ma di fronte a casa nostra c’era un campo da calcio. Abbiamo giocato a calci ogni minuto libero lì. Senza scarpe, senza calze: avevo sempre le vesciche ai piedi, ma ero felice. È stato solo difficile… Sai: porto il mio quartiere e la mia città nel cuore, li amo e mi mancano. Non direi mai niente di male al riguardo. Ci sono tornato per le vacanze di Natale per la prima volta da quando ho lasciato Castellammare a nove anni. E mi ha commosso profondamente vedere le persone che avevano seguito la mia carriera ed erano curiose».

TRASFERIMENTO – «Tutta la nostra famiglia si è trasferita, anche i miei fratelli hanno giocato nelle giovanili del Brescia. Ma anche quello era difficile. Non conoscevamo nessuno e abbiamo anche sperimentato uno shock culturale. Quella era una vita completamente diversa. Adesso la situazione è cambiata: i miei genitori vivono a Brescia ormai da undici anni, abbiamo comprato casa. È una seconda casa per loro, ma anche per me».

BRESCIA – «È stato un grande momento. All’epoca avevo un grande mentore nell’allenatore delle giovanili, che si prendeva cura di me quasi come un padre. È stata una persona straordinaria nella mia vita. Purtroppo è morto, ma lo porto con me ogni giorno, ho la sua foto nel portafoglio. »

PRIMO GOL – «Mi sono fatto tatuare sulla coscia la data del mio primo gol in Serie A, il 21 dicembre 2019. È stato un momento da sogno che non dimenticherò mai. I miei genitori erano allo stadio e la prima cosa che ho fatto è stata abbracciare e baciare mia madre dopo il fischio finale. Quando sei così giovane, non ti rendi conto che è successo tutto così in fretta. Lo noti solo quando improvvisamente va in discesa. Ora lo so perché sono stato ceduto in prestito. Con una squadra che vuole diventare campione e vincere la Champions League e che ha attaccanti come Lukaku o Lautaro, la strada per giocare regolarmente è molto lontana. Ma all’inizio ho dovuto imparare a capirlo e ad accettarlo. Intanto sono pronto per questo percorso con le sue stazioni, con l’obiettivo di tornare prima o poi all’Inter e di giocarci regolarmente».

TALENTO – «Devo migliorare affinché errori come quelli recenti non mi succedano più. E ci sto lavorando. enza talento e solo con la volontà, l’atteggiamento non basta. Ma probabilmente non è possibile solo con il talento. Per rispondere alla tua domanda, la metterei in questo modo: il 70% è talento, il 30% è cervello se vuoi essere un grande campione»

RICORSO – «Sono ancora squalificato per il momento. Abbiamo però fatto ricorso, quindi mi auguro che le due giornate di stop diventino una sola »

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