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Casarin: «Rigorini? Rischiamo che adesso spariscono i veri rigori»
Paolo Casarin, ex arbitro di Serie A, ha parlato così dell’elevato numero di rigori concessi nel corso di questa prima parte di stagione
Paolo Casarin, ex arbitro di Serie A, ha parlato così dell’elevato numero di rigori concessi nel corso di questa prima parte di stagione. Le sue dichiarazioni.
«Il campo da calcio è ampio, perché debbono confrontarsi tanti giocatori e le loro anime. Il combattimento avviene al centro del terreno: è il luogo ove si rincorrono paure e illusioni, speranze e delusioni. Quella sfida libererà il migliore giocatore che correrà, con il pallone tra i piedi, verso la porta di una casa difesa da un uomo con grandi mani in grado di impedire al pallone di entrare. La partita di calcio all’inizio aveva pochi gol; la prima Inghilterra-Scozia, 1870, finì senza segnature. Ai 70.000 presenti bastava il combattimento a centrocampo. Alla porta mancavano la traversa e la rete e il gol era, perciò, incerto. I tanti falli dei difensori vicini alla porta provocarono l’avvento del calcio di rigore (1891) che si batteva dalla linea di un’area semicircolare di 11 metri di raggio. L’arbitro concedeva pochissimi rigori: non voleva decidere da solo il risultato di un gioco collettivo. In questo modo, con l’aiuto di un fuorigioco più leggero per gli attaccanti (1925), i gol arrivarono anche dal calcio di rigore. A mezzo secolo dalla nascita il gioco trovava finalmente l’equilibrio tra attacco e difesa. Per l’arbitro il rigore è «la massima punizione» (1950); il maestro prudente mi avvertiva che «con la pioggia e con il fango in area, nessun rigore». C’erano già le simulazioni. Per incrementare i gol bastano i campioni e i grandi allenatori».