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Branca ricorda: «Il Triplete fu eccezionale, l’Inter di oggi è pazzesca. Ausilio? Mi aspettavo che…»

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L’ex dirigente dell’Inter, Marco Branca, commenta il cammino dei nerazzurri di oggi e torna sul suo passato in dirigenza

Intervistato da Fanpage, Marco Branca commenta l’attuale stagione dell’Inter, poi parla del suo passato in nerazzurro e del suo presente, che adesso è alla First, agenzia di procura con tra i propri clienti anche Dani Olmo.

PRESENTE – «Io da due anni e mezzo, quasi tre, sono direttore strategico dell’agenzia First e curiamo gli interessi di alcuni calciatori. Sono sempre nel ramo, non è il tronco ma è un ramo. Come mai non ho più lavorato in un club? Non c’è stata la chimica, non c’è stata la scintilla, non c’è stato qualcosa che fino in fondo ci accumunava con chi mi ha fatto delle proposte».

SUL TRIPLETE – «Abbiamo vissuto un periodo eccezionale tutti noi, con il presidente Moratti, che è stato l’artefice principe. Da qualsiasi punto di vista uno la si guardava è stata una cosa incredibile, perché io ero uno che lavorava 13, 14, 15 ore al giorno. Per i primi 4 anni ho fatto in totale 6 giorni di vacanza perché volevo che la cosa funzionasse. E questo ti veniva trasmesso da una proprietà appassionata, educata, gentile e ambiziosa. Alla fine di questo periodo ho vinto 15 titoli, Moratti ne ha vinti 16, per cui ne ha condivisi 15 con me».

DISSIDI CON VIERI E MOTTA – «Il mio punto di vista su queste cose è molto semplice. Posso capire che ci siano dei gradi di sensibilità e di intelligenza, comunque queste esternazioni sono venute da persone che chiaramente ho venduto no? E questo è già un punto. Quando una persona viene mandata via da un club dove sta particolarmente bene, può esserci qualche situazione da affrontare. Generalmente tutto si ferma lì, poi dopo sta al grado di intelligenza e di educazione delle persone che commentano questa cosa. Io non ho mai voluto, perché subito dopo abbiamo iniziato a vincere e ci siamo tolti le soddisfazioni. Tanti dicono che le cose che si dicono e si fanno nello spogliatoio devono rimanere nello spogliatoio. Sono i giocatori per primi che dicono questa cosa, dopo c’è qualcuno che lo fa e qualcun altro che non lo fa. Non vale la pena commentare queste uscite».

L’INTER DI OGGI – «La prima parola che mi viene in mente è pazzesca e la seconda parola è peccato, perché c’era la possibilità di fare un tragitto in Champions League con più soddisfazioni. Vedendo anche come sono andate le cose nelle ultime gare. Anche in considerazione del fatto che la squadra e l’ambiente avevano preso la consapevolezza giusta l’anno scorso perdendo immeritatamente la finale, pensavo che fosse un po’ più preparata, mentre invece nella seconda partita è mancato qualcosa. Nella prima va bene, può capitare di sbagliare qualcosa perché tanto sai che c’è una seconda, ma se ti capitano le occasioni per fare gol devi capitalizzarle. Pensavo che fosse un po’ più in là in questo percorso di crescita, però la stagione è sicuramente fantastica».

LO SCUDETTO NEL DERBY – «Allora su questa storia qua io sono piuttosto pragmatico. Conta vincere in funzione di una vittoria definitiva del campionato, poi dopo se c’è anche la soddisfazione per aver battuto la squadra della tua stessa città meglio, ma questo vale per tutti i derby. Quello che conta è la vittoria dello Scudetto. Farebbe sicuramente piacere vincerlo così ma non è una finale, vale 3 punti. Stop».

SUL MERCATO E CALHANOGLU – «Credo che il momento economico storico non permetta troppi voli pindarici per cui bisogna per forza cercare di abbinare il parametro zero con l’effettiva utilità per la squadra. Ne ho fatti pure io, perché ho fatto Julio Cesar e ho fatto Cambiasso, che poi sono stati all’Inter tanto tempo. Come sempre, non si può generalizzare perché ogni situazione è diversa e ogni calciatore è diverso da un altro, ma credo che la differenza l’ha fatta la capacità di valutare alcune cose che altri non hanno visto. Un esempio clamoroso è quello di Calhanoglu. Perché l’ha preso l’Inter e non le altre squadre di alto livello che avevano bisogno in quel ruolo? Più bravi? Sì, ma c’è sempre bisogno della visione e della capacità anche nel capire determinate cose».

SULL’EXPLOIT DI AUSILIO – «Se mi aspettavo questo exploit di Ausilio? Sì, assolutamente. Lo portai con me nell’anno 2009-2010. Ha delle caratteristiche di applicazione, di memorizzazione delle esperienze fatte, delle cose viste, dette e sentite che hanno in pochi. Poi ha fatto un lungo percorso nel mondo del calcio. Io me l’aspettavo e sono molto contento per lui. Ha anche vissuto momenti difficili dal punto di vista della proprietà del club, ma si è districato bene».

SUL FUTURO – «Tornare a dirigere l’area sportiva di un grande club in Italia? Sì, certo. Perché no. Io sono sempre apertissimo ad ascoltare tutti e aperto a nuove esperienze, sono pieno di idee e di entusiasmo, oltre ad essere sempre stato disponibile ai cambiamenti della mia vita. Da calciatore ho cambiato tanto, da dirigente sono stato fortunato perché ho incontrato la persona giusta e ho fatto per tanti anni questo lavoro per lui, ma non escludo mai nulla per il futuro».

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