Hanno Detto
Inchiesta ultras Inter, Borrelli sicuro: «Il problema va affrontato senza pensare ai colori delle squadre, il regolamento prevede queste possibili sanzioni»
Inchiesta ultras Inter, l’opinione del giornalista Michele Borrelli sulla questione e sulle possibili ripercussioni sui club
Intervistato in esclusiva da InterNews24, Michele Borrelli è intervenuto in merito alla questione dell’inchiesta sugli ultras di Inter e Milan, con una lunga riflessione e spiegazione su come affrontare il problema e sui possibili rischi per i due club.
Capitolo inchiesta sulla Curva Nord dell’Inter. Qual è il tuo pensiero in merito? Temi che la vicenda possa avere delle ripercussioni sulle prestazioni dei giocatori?
«Vicenda molto delicata. Purtroppo anche in passato abbiamo dovuto affrontare questo tema, è successo in altri club, soprattutto mi riferisco alla vicenda della Juventus e delle infiltrazioni mafiose nelle curve. Qui ogni giorno ci sono nuove puntate in cui stiamo scoprendo dei rapporti che c’erano tra alcuni esponenti delle curve milanesi con famiglie della ndrangheta. Questo è un tema che tocca il mondo del calcio in modo indiretto. Perché si ripercuote nel mondo del calcio? Perché in Italia lo Stato, ma tutte le componenti, anche le società stesse, non si sono mai unite veramente per affrontare e risolvere di petto il problema. La partita si fa in un luogo chiuso, già essere molto attenti sull’ingresso… Sento di consulenti della Procura che consigliano i club di tornare ai posti uninominali, il Ministro che parla di riconoscimento facciale. Però poi all’atto pratico, sì che sono state arrestate delle persone, ma da oggi in poi cosa realmente cambia nell’attenzione alla sicurezza all’interno del luogo in cui si svolge la partita? Secondo me è inevitabile dover cambiare qualcosa da questo punto di vista, anche con gli steward in tutti i settori.
La Curva è composta da 7-8 mila persone. Di queste, il 90% erano ignari di quello che alcuni stavano facendo. Questo è stato secondo me un tradimento di queste persone rispetto a quello che è l’ideale ultras. Perché ultras significa “andare oltre”, ma farlo nella passione per la squadra, del tifo in casa e fuori casa. Non vuol dire costituire una serie di rapporti criminali. Abbiamo visto anche degli omicidi e lo Stato sta intervenendo soprattutto per questo. Ma è un modo di intervenire, secondo me, sia tardivo ma soprattutto non organizzato. Non possiamo sentire di inchieste che vanno avanti dal 2018. Il problema deve esser affrontato in modo diverso. In Inghilterra l’hanno fatto, magari anche rinunciando ad alcune libertà che era stato bello concedere all’interno del luogo chiuso. Ma se queste libertà non si sanno gestire, non si può avere un territorio in cui c’è una regola e uno stato di diritto diverso da quello che vige in altre parti dello stadio o anche fuori da esso. Questo è il primo tema da affrontare e non vedo in questo momento un cambiamento reale nel volerlo affrontare. Siamo in una fase molto aleatoria… Arresti qualcuno, ma possono subentrarne altri. Cosa stai facendo? Il posto uninominale secondo me potrebbe essere un qualcosa di giusto da fare.
Per quanto riguarda le conseguenze che è il tema che interessa di più i tifosi ma che non dovrebbe interessare solo quello, le conseguenze con le varie penalizzazioni per squadre e giocatori… Spesso si fa anche qua una battaglia di tifo, è successo alla Juve, adesso a Inter e Milan. “La Juve prese una multa di 600 mila euro, il suo presidente inibito per tre mesi. Quindi adesso Inter e Milan devono avere delle penalizzazioni…”. Il problema va affrontato senza pensare ai colori delle squadre, perché è un problema di tutti. Dove ci sono poi i soldi e il commercio è normale che le organizzazioni criminali provino ad inserirsi. Il problema deve essere visto fuori dai colori delle squadre. In questo caso sono state ascoltate per l’Inter persone non indagate, quindi per quanto riguarda la giustizia penale non parliamo nemmeno di indagati. La giustizia sportiva ha però l’articolo 25, che spiega il rapporto possibile con organizzazioni di tifosi non fidelizzati. Il tifoso fidelizzato è quello che rispetta un regolamento di club che sono nati negli anni ’60 e hanno un regolamento interno che fa capo al club. In quel tipo di rapporti ci può essere più libertà, perché sono controllati. Mentre il codice di giustizia sportiva dice che quando non ci sono questo tipo di organizzazioni affiliate, quindi gli “Inter Club” nel caso dell’Inter, non si possono avere rapporti con altri tifosi. In questo caso ci sono stati dei rapporti. Sicuramente ci sono stati dei dialoghi, sono persone che tutti conoscono perché vanno ad Appiano Gentile o perché si fanno delle iniziative, anche benefiche. Sono persone che tutti conoscono. Qui bisogna anche un po’ spogliarsi dall’ipocrisia, e mi riferisco a Spalletti.
Quel tipo di rapporti vanno anche declinati… Se uno riceve una telefonata, come è successo a Inzaghi per la storia dei biglietti, è già quello un rapporto attivo? No. Tu puoi anche rispondere al telefono, cercare di assecondare la richiesta che ti viene fatta ma bisogna vedere poi come ti comporti successivamente o perché l’hai fatto. Altro caso è quello di Zanetti, che ha detto di aver visto alcuni ultras in eventi benefici o in generale per delle richieste che non possono essere legate a cose illecite. L’ultimo è stato Calhanoglu, il quale ha smentito il fatto che andasse a cena con i membri della Curva. Molto starà al giudice capire se questi tipi di contatti sono stati attivi, di collaborazione o semplicemente passivi in cui uno ha subito pressioni. La giustizia sportiva stabilisce che ci sono multe che vanno da 20 mila a 50 mila euro e poi ci possono essere anche delle squalifiche, inibizioni per dirigenti e allenatori e giornate per giocatori. Ad oggi siamo in una fase iniziale, poi il Giudice Sportivo avrà 60 giorni di tempo. Nel giro di questa stagione calcistica, all’inizio del 2025 dovremmo avere delle risposte. Credo che al massimo ci saranno delle sanzioni pecuniarie, a meno che non venga dimostrata una parte attiva in questo tipo di conoscenze.
Sarebbe opportuno favorire gli stadi di proprietà, perché c’è una legge statale che favorisce la costruzione di essi, che si va poi a scontrare con i vari programmi di governo del territorio comunali che, per come è strutturato il diritto in Italia, vanno ad essere sopra una legge dello Stato. Lì basterebbe mettersi d’accordo tra governo e istituzioni regionali per fare una benedetta nuova struttura. A Milano così come a Roma si sta attendendo da tempo e questo ha portato a fare un Europeo insieme alla Turchia. Una cosa assurda se pensiamo che hanno organizzato manifestazioni sportive in Belgio, in Olanda, adesso i Mondiali in Canada, Messico e Stati Uniti. Comunque quasi sempre realtà geografiche vicine, l’Italia che aveva tante carte per aver assegnato un grande evento, alla fine non avendo ancora le strutture giuste (dovevano esserci 12-13 stadi, adesso solo 5 facendo un evento con un altro) non siamo ancora pronti, abbiamo fatto un passo indietro come Paese. Questo discorso delle strutture potrebbe molto migliorare il problema di cui parlavamo prima (della sicurezza negli stadi e delle infiltrazioni criminali ndr.)».
L’INTERVISTA INTEGRALE A MICHELE BORRELLI.