Marotta svela tutto: «Calciomercato? L’Inter ha questo obiettivo, ecco come sarà lo stadio. A Lukaku dico…» - Inter News 24
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Marotta svela tutto: «Calciomercato? L’Inter ha questo obiettivo, ecco come sarà lo stadio. A Lukaku dico…»

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Beppe Marotta si racconta senza veli, dal calciomercato Inter allo stadio e tanto altro ancora, ecco l’intervista del presidente dell’Inter

Il presidente, nonché amministratore delegato dell’Inter Giuseppe Marotta, si è raccontato a Sette, settimanale del Corriere della Sera. Ecco alcuni estratti della sua lunga intervista.

COME E’ CAMBIATO IL LAVORO DI MAROTTA – «Prima le decisioni venivano prese dal singolo dirigente, oggi siamo davanti a un team composto da osservatori e da “tecnici” che analizzano dati, risultati, rendimento atletico. Addirittura, in alcuni casi, un giocatore lo si può scegliere attraverso gli algoritmi, così il calcio è diventato meno bucolico e quasi industriale».

UN GIOCATORE CHE LO RINGRAZIA – «Tanti e non solo quelli che hanno fatto due o trecento partite in Serie A. Alcuni hanno militato solo qualche anno con i professionisti, ma mi sono grati per aver dato loro una possibilità».

UN GIOCATORE A CUI E’ AFFEZIONATO – «Michelangelo Rampulla. Ci sentiamo: è rimasto nel calcio come allenatore dei portieri. La nostra carriera è stata parallela, siamo cresciuti assieme, quando lo comprai aveva 18 anni, solo 5 meno di me».

COSA CAMBIARE NELLE SCUOLE CALCIO – «C’è la necessità – molto più di una volta – di inserire le discipline sportive, calcio compreso, nel sistema scolastico. È lì che i nostri ragazzi devono cominciare a praticare sport, è un loro diritto. I bambini devono giocare, non solo guardare chi lo fa. È importante si confrontino sul campo, serve per la loro crescita fisica e caratteriale».

TROPPI STRANIERI IN SERIE A – «Non è colpa loro che, anzi, se sono bravi servono per far crescere i ragazzi dei vivai. Torniamo al discorso di prima, quello che oggi manca è un’apertura al mondo del calcio, un mondo non più accessibile a tutti».

SECONDA SQUADRA INTER – «Non subito. È sicuramente uno strumento utile per far crescere e maturare i ragazzi, oggi tra Primavera e Prima squadra c’è un buco legato all’età che non permette uno scambio positivo. Avere la seconda squadra significa allestire un gruppo cui può attingere l’allenatore della Prima».

PUO’ AIUTARE GIOCANDO SPESSO – «Sì, ci sono troppe partite e questa è anche una mancanza di rispetto verso i gioca- tori che sono esseri umani e faticano a sopportare pressioni agonistiche così elevate».

TANTE PROPRIETA’ STRANIERE IN SERIE A – «Sta sparendo in tutte le categorie, dalla terza alla serie A. Resta un numero esiguo di eccezioni. Oggi in Lombardia ci sono 5 squadre di Serie A, di cui 4 di proprietà straniere. Se Inter e Milan non avessero avuto questa gestione già da qualche anno, sarebbero in situazioni che definirei drammatiche. Per fortuna che ci sono stati investitori stranieri che hanno creduto in noi, certo dando vita a una gestione molto diversa: ora il concetto di sostenibilità è centrale, l’impostazione è più simile a quella di un’azienda con i risultati economici che superano qualsiasi tipo di obiettivo».

UN GIOCATORE SEGUITO SENZA SUCCESSO – «Ce ne sono stati diversi. Però un dirigente deve avere l’ambizione di puntare sempre in alto e non avere paura: non raggiungere l’obiettivo non è una sconfitta. Il tentativo va sempre fatto, nello sport senza coraggio non si ottengono risultati».

UNA FOLLIA PER UN CALCIATORE – «Capita spessissimo che per ottenere il sì di un calciatore devi fare un giro più largo… quando sono molto giovani devi conquistare per primi i genitori e quando sono in età matura ci sono le compagne».

UN PRESIDENTE CON CUI HA COMBATTUTO – «Ne ho avuti tanti e completamente diversi: dalla famiglia Agnelli a personaggi “particolari” come Zamparini. Lui, ad esempio, sapeva tanto di calcio e diventava un contraddittorio molto forte».

ESSERE PRESIDENTE INTER – «Sono grato a Oaktree per la fiducia. Conto su una struttura societaria forte, su una squadra di professionisti molto seri, oltre che capaci, e su un pubblico che è il nostro valore aggiunto. Metterò in pratica l’esperienza del vissuto precedente».

MIGLIOR RICORDO JUVE – «Il primo scudetto conquistato a Trieste in campo neutro contro il Cagliari. Per me che pensavo di aver già toccato il cielo con un dito arrivando in Champions League con la Sampdoria, aver vinto lì ha significato molto. Poi sono arrivate tre finali di Champions e ogni volta che raggiungi un nuovo obiettivo pensi che sia quello il più importante. Il bello dello sport è che ti porta a inseguire sempre lo step successivo».

SAMPDORIA – «Prima di tutto la maglia, era speciale. Poi c’era quella chimica strana che a volte si crea unendo ogni componente della società, dal magazziniere al presidente: e tutti danno il meglio. Così Davide diventa Golia».

OBIETTIVI INTER – «Innanzitutto l’Inter è l’Inter, quello che è stato fatto sotto la mia gestione non è nulla di straordinario perché questa era una squadra abituata a vincere. Ha passato un periodo di buio e sofferenza, per questo quando abbiamo riconquistato insieme il primo scudetto è come se in quello ce ne fossero stati altri tre e quando a maggio abbiamo vinto ancora, portando la seconda stella, è come se questo nuovo scudetto ne contenesse dieci. Ora l’Inter è ritornata a essere l’Inter che è sempre stata nella storia, l’obiettivo è puntare in alto. Un sogno è quello di regalarci la Champions. Alzare l’asticella non è un atto di presunzione, ma di orgoglio e consapevolezza. Dobbiamo provarci, l’importante è non avere rimpianti».

DELUSO DA LUKAKU – «Non lo definirei così. L’episodio Lukaku ha rappresentato poco rispetto a tutte le emozioni positive e all’adrenalina che si sono vissute in questi anni».

RIVEDERE LUKAKU ALL’INTER – «A Lukaku dobbiamo tutti noi un ringraziamento per quello che ha fatto, si è sempre impegnato e ha sempre fatto bene. Ricordiamolo per questo: per le cose belle, non per quelle brutte. E poi non dimentichiamoci che ha rappresentato l’operazione più strana, particolare e positiva per l’Inter nella sua storia. Lo abbiamo valorizzato in una maniera incredibile e questo ha dato poi dei riscontri importanti dal punto di vista economico per costruire la conquista della seconda stella. Con lui abbia- mo vinto lo scudetto e rimane nella storia dell’Inter».

NUOVO STADIO – «Ci manca una casa. Oggi abbiamo San Siro che condividiamo con un’altra squadra, ma uno spazio tutto nostro rafforzerebbe quel grande senso di appartenenza che è caratteristica importante nella vita di una società di calcio. Stiamo facendo di tutto per realizzare questo sogno che è nostro come dei tifosi. Combattiamo con la burocrazia italiana che dilata i tempi».

PIU’ DI UN SEMPLICE STADIO – «Una cittadella sarebbe una bella cosa. Purtroppo non è facile da realizzare, ma almeno uno stadio sarebbe indispensabile».

CAPIENZA NUOVO STADIO – «Per il progetto di Rozzano ragioniamo su 70 mila posti».

COSA CAMBIARE DELLA SERIE A – «Il clima che si respira dal punto di vista dirigenziale è di litigiosità, anche esasperata. In ambito sportivo introdurrei un concetto importante che non abbiamo, la cultura della sconfitta. Spesso quando si perde una partita, diventa un dramma e non dovrebbe essere così, ogni sconfitta fa crescere. Atteggiamenti negativi o eccessivi in serie A vengono emulati nelle categorie minori. Ci sono campi di ragazzini che riempiono le cronache con scontri dentro e fuori il campo. Dobbiamo dare l’esempio».

SEMPRE ALLO STADIO – «Sì, forse anche un po’ troppo. C’è un grande innamoramento dietro la mia professione nel mondo del calcio».

SQUADRA DEL CUORE – «Sono nato e cresciuto a Varese. Lì ho giocato e iniziato la mia carriera da dirigente. Purtroppo ora è in una categoria molto bassa e fatica a dare emozioni. E le emozioni nel calcio sono tutto

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