Mkhitaryan: «Scudetto? Speciale per un motivo, vi svelo il segreto del mio successo, faccio un augurio ad Inzaghi» - Inter News 24
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Mkhitaryan: «Scudetto? Speciale per un motivo, vi svelo il segreto del mio successo, faccio un augurio ad Inzaghi»

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Henrikh Mkhitaryan racconta le proprie emozioni per lo scudetto in un’intervista rilasciata al media armeno ArmSport

Intervistato dal media armeno ArmSportHenrikh Mkhitaryan ha ripercorso il campionato ancora in corso che ha portato il ventesimo scudetto (e la conseguente seconda stella) della storia dell’Inter. Tutte le sue parole.

SCUDETTO INTER – «Devo dire che anche prima della partita con il Milan si parlava molto di noi che saremmo diventati campioni perché avevamo tanti punti di vantaggio rispetto ai nostri rivali. Dappertutto si sentiva dire “L’Inter è già campione, l’Inter è già campione”, ma noi ancora non ci sentivamo tali perché sapevamo che mancavano sei partite, e la più decisiva sarebbe stata proprio la partita contro il Milan. Due mesi prima di quella sfida, tutta la squadra faceva calcoli per capire se sarebbe stata decisiva. Alla fine del derby, dopo il fischio finale dell’arbitro, non so cosa mi sia successo. Ancora non riesco a descrivere le mie sensazioni, la mia gioia non aveva limiti. Naturalmente sono molto felice perché questo è stato un campionato speciale perché è stato il primo della mia carriera europea. Questo titolo avrà naturalmente un posto molto speciale nella mia bacheca»

COME SUPERARE LA PRESSIONE – «Abbiamo cercato il più possibile di non ascoltare le parole che venivano dall’esterno. In altre parole, ci siamo preparati, abbiamo analizzato nel dettaglio l’avversario e abbiamo semplicemente fatto la nostra partita. Abbiamo capito tutti che le parole dall’esterno avrebbero potuto rovinare le cose o avere un effetto negativo sull’atmosfera della squadra. Il nostro obiettivo era uno solo: dimenticare tutto e giocare il nostro calcio, prestando attenzione solo a noi stessi. Naturalmente sapevamo che il momento tanto desiderato sarebbe arrivato, per questo ci siamo concentrati e ci siamo semplicemente goduti la partita»

TIFOSI IN DELIRIO – «Penso che a inizio campionato, quando infilavamo una vittoria dietro l’altra, già si vociferava del fatto che il 20esimo scudetto sarebbe stato speciale. Personalmente non lo immaginavo del tutto così perché era la prima volta che mi avvicinavo alla vittoria di un campionato in Europa. Non avevo idea, fin dall’inizio, di quale entusiasmo ci fosse tra i tifosi. A parte il fatto che questo era il 20esimo titolo, abbiamo capito tutti che la circostanza di vincerlo nel derby avrebbe dato una carica doppia, anzi tripla. Quando abbiamo girato la città in autobus, ci siamo resi conto dell’ottimo lavoro che avevamo fatto, che tipo di atmosfera avevamo creato tra i tifosi»

SCONFITTA CON L’ATLETICO MADRID – «Naturalmente quella sconfitta è stata solo colpa di noi giocatori, ognuno di noi ne è responsabile. Penso che quando siamo passati in vantaggio a Madrid ci siamo rilassati un po’, abbiamo perso la concentrazione perché avevamo vinto 1-0 in casa, all’andata. Ad un certo punto ci è sembrato che i problemi fossero risolti, ma ci siamo sbagliati di grosso. Forse abbiamo sottovalutato l’avversario, e quando l’Atletico ha pareggiato eravamo già sfiniti, non capivamo cosa stesse succedendo in campo. Soprattutto negli ultimi 10-15 minuti, quando l’Atletico ha creato una dopo l’altra situazioni pericolose vicino alla nostra porta. Posso dire con certezza che il finale è andato così solo a causa della nostra stanchezza. Ma questo è il calcio e impariamo da questi errori e andiamo avanti. Sapendo che avevamo ancora molto da fare in campionato, abbiamo cercato di dimenticare al più presto quella partita e concentrarci sul campionato nazionale, in modo da poter finire il nostro lavoro e diventare campioni d’Italia»

INZAGHI – «È vero che ho lavorato con tanti allenatori, ognuno di loro ha il proprio metodo di lavoro, la sua filosofia calcistica, un approccio unico nel lavorare con i calciatori. Ho imparato molto da tutti. Sì, hai ragione, questo è stato il primo scudetto per me e Simone Inzaghi, anche questa è una bella cosa. Perché questo è il mio quarto titolo da quando sono arrivato all’Inter, prima avevamo vinto la Supercoppa Italiana e la Coppa Italia, ma il campionato dà un’altra sensazione, soprattutto il primo. Cerchiamo di fare quello che dice l’allenatore, quello che chiede e pretende perché l’allenatore è il primo responsabile. Quando la squadra vince vuol dire che tutti hanno lavorato bene, ma in caso di sconfitta tutti danno la colpa all’allenatore. Cerchiamo tutti di aiutarci a vicenda, andare avanti e raggiungere il nostro obiettivo. E questo nonostante Inzaghi fosse vicinissimo a vincere lo scudetto nel suo primo anno all’Inter, ma tutti ricordano come l’Inter perse quella stagione. Sono molto felice che siamo riusciti a diventare campioni sotto la sua guida. Spero che questo sia il nostro primo scudetto insieme, ma non l’ultimo, perché ho ancora sete di vittoria. La mia voglia di vincere titoli e ottenere vittorie con questo club è ancora inesauribile»

PRESTAZIONI PERSONALI – «Posso ritenermi molto soddisfatto perché abbiamo vinto titoli, uno dei quali è lo scudetto, e abbiamo fatto un ottimo lavoro. I gol? Non dimentichiamo che, arrivando in questo club, ho cambiato posizione, iniziando a giocare nella posizione di centrocampista centrale. I miei compiti in zona offensiva o sulla fascia, dove mi piace giocare di più, si sono ridotte. Penso che non sia la mia posizione, ma ho provato ad adattarmi e ad adattare il mio calcio a quella posizione. Ecco perché non sono arrabbiato. È vero, ho segnato pochi gol, solo 2, uno dei quali al Milan. Avrei voluto segnare più gol, ho avuto occasioni, ma è andata così. Non posso fare a meno di essere felice che grazie alle mie azioni e ai miei passaggi i miei compagni riescano a segnare gol e regalare vittorie alla squadra. Cercherò di segnare qualche gol in più e di fare più assist nella prossima stagione e di essere più soddisfatto della mia prestazione»

SEGRETO DEL PROPRIO SUCCESSO – «Prima di tutto, ovviamente, l’amore per il calcio mi mantiene così in forma. Quando mi sveglio la mattina, lo faccio di buon umore e sono felice di andare ad allenarmi. E invece di dirmi: “Wow, devo ancora andare ad allenarmi, sono stanco, non voglio allenarmi, non ho dormito bene la notte”, vado agli allenamenti con gioia. Ho quella voglia, l’amore per il calcio ribolle ancora dentro di me. Non c’è stato un solo giorno, anche dopo un risultato più sfortunato o un sconfitta, in cui non mi sia detto: “quando finirà finalmente questo campionato, così potrò riposarmi, andare in vacanza?” Non ho perso nessun un allenamento, non ho rallentato, ho fatto tutto: esercizi pre-allenamento e post-allenamento. Questo è il primo dei segreti. A parte questo, cerco il più possibile di prendermi cura della mia salute, del mio regime di sonno e di un’alimentazione sana. Ho provato ad eliminare molte cose dalla mia dieta in modo da poter giocare più a lungo. È vero che non è affatto facile, ma con l’aiuto della nostra dietista abbiamo raggiunto questo successo. Dormire bene, allenarsi bene, mangiare bene e riposare bene: queste sono le chiavi del mio successo, anche se in molti casi non è possibile riposarsi, perché faccio il secondo allenamento con mio figlio a casa (ride, ndr)»

PRIMO AD ARRIVARE AD APPIANO DOPO LO SCUDETTO – «Si è vero. Lasciatemi dire di più, non è stato solo quel giorno che sono arrivato per primo al centro sportivo. Arrivo quasi sempre per primo, o almeno tra i primi. Ma, come ho detto, questo è il mio programma quotidiano, la routine della giornata: arrivare presto all’allenamento per non perdere tempo extra e non spezzare i tempi. Per questo è necessario svegliarsi al momento giusto, fare colazione, prepararsi, allenarsi, dopo l’allenamento, fare di nuovo esercizio, mangiare e poi tornare a casa. Mi rendo conto che manca poco alla fine della mia carriera e cerco di sfruttare ogni minuto nel modo più efficace possibile. Anche se devo dire che questo non è il primo anno che vivo in un regime del genere, sono sempre stato uno dei primi ad arrivare all’allenamento e l’ultimo ad andare via. Lo dico solo perché tutti capiscano che a 35 anni è possibile giocare a calcio di alto livello»

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